VERDE TIME

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mercoledì 28 giugno 2017

CHI HA MANGIATO LA FOGLIA ......CONSIDERAZIONI


Piante selvatiche commestibili, un piacere per il palato di chi le conosce e le apprezza anche se spesso ne è proibita la raccolta

aglio selvatico, finocchietto, topinambur, cardi, ortica e sambuco, non stiamo dando la ricetta di una pozione da preparare in un pentolone da stregoni, ma i nomi di alcune tra le tante piante selvatiche commestibili che possiamo trovare nei prati o nei boschi del nostro Paese, piccolo tesoro per chi le sa riconoscere. In effetti, complice una riscoperta di tutto ciò che ha a che vedere con l’ambiente e col vivere secondo natura, sono sempre di più gli appassionati della raccolta delle erbe spontanee edibili e dei deliziosi frutti di bosco da riproporre in ricette che sono pressoché appannaggio di alcuni paesi ancora legati alle tradizioni e, perché no, di novelli stregoni dei nostri tempi che hanno saputo raccogliere secoli di cultura tradizionale medica e culinaria..in un fiore o una foglia!

 Chissà quanti di voi, causa la distrazione o l’inesperienza, hanno calpestato senza accorgersene un piccolo tesoro di gusto, una fogliolina magari alquanto spinosa, che nonostante il suo aspetto poteva suggellare un incontro perfetto col palato se opportunamente coperta da una soffice pastella! L’erba voglio non sempre è un’erba “posso” Ma ogni percorso per raggiungere un tesoro nasconde insidie e trabocchetti e anche le nostre amabili foglie succulente non si sottraggono a questa regola, conosciuta da chiunque abbia letto almeno una storia avventurosa. Il pericolo incombe sul raccoglitore inesperto sotto due aspetti: quello della legge e quello della salute, la tossicità di molte piante.

Volendo focalizzare il primo aspetto, ben conosciuto da chi, come i Forestali, opera in ambiente rurale e montano, ricordiamo che le piante selvatiche, come tutta la materia che riguarda la tutela del territorio, sono assoggettate a leggi statali ma anche regionali e delle province autonome, che ne regolano la fruizione da parte dei cittadini. Per quanto concerne in particolare le erbe commestibili di cui parliamo, spesso per la stessa pianta vi sono regole diverse per la raccolta o addirittura in alcuni casi vige il divieto di raccolta stessa. Posto che vai e foglia che puoi.

 Facciamo l’esempio della Carlina acaulis, una sorta di cardo che si espande in orizzontale sul terreno, anche detto carciofo selvatico. Chi ama il carciofo amerà la carlina, potremmo dilungarci sulle sue qualità diuretiche e antinfiammatorie e potremmo anche azzardare a consigliarla quale rimedio per chi soffre di ritenzione idrica, ma chi conosce ed ha provato il carciofo selvatico se lo ricorda perché è buonissimo fritto e gustato ancora tiepido. Attenzione a raccoglierlo però se vi trovate nel Parco dei Sibillini perché la raccolta è vietata mentre in Abruzzo è consentita. La raccolta di alcuni vegetali poi, è vietata ovunque ma a causa di un problema di somiglianza e alla loro prelibatezza, finiscono spesso nel cestino di qualche raccoglitore.

È il caso del pungitopo, Ruscus, specie protetta e che mai farebbe sospettare utilizzi culinari, mentre i germogli di questa pianta nel mese di maggio vengono raccolti e consumati in padella o come condimento di primi piatti gustosi, in maniera simile all’asparago col quale hanno in comune l’aspetto.

Anche per l’asparago selvatico variano da regione a regione i quantitativi di raccolta. In Veneto ad esempio si permette la raccolta soltanto di un chilogrammo di asparagi selvatici al giorno per persona. La rosa canina in Friuli Venezia Giulia può essere raccolta in quantitativi che non superino un chilo al giorno. E se vi venisse in mente di terminare un pasto con un ottimo liquore alla genziana magari preparato dalle vostre sapienti mani, allora ricordate che la genziana è protetta in 9 regioni tra cui Piemonte, Liguria, Abruzzo e Emilia Romagna, mentre in Campania si può raccogliere previa autorizzazione ma nel Lazio, Marche ed Umbria invece è ammessa la raccolta. La Gentiana lutea L. è specie minacciata d’estinzione in Europa, nonostante ciò a seconda dei suoi natali può essere colta o meno in Italia. Particolare anche il caso del cappero, che nel Parco Regionale dei Colli Euganei (PD) può essere raccolto in quantitativi pari a 0,10 chilogrammi, ma non ovunque, solo nel comune di Monselice; occhio al gps quindi se vorrete arricchire una pietanza col saporitissimo cappero! il mistero delle norme differenti È evidente a questo punto che a seconda della regione vi sono diversi gradi di protezione della flora in generale e quindi anche di quella officinale. Regioni come la Val d’Aosta, il Piemonte e il Trentino Alto Adige considerano protetta tutta la flora in e in altre come Liguria, Lombardia e Campania sono tutelate solo le specie indicate nel Regio Decreto del 1932 (che completa l’unica normativa nazionale per le piante officinali valida, la Legge 99 del 1931) ma possono essere raccolte previa autorizzazione, Emilia ed Umbria prevedono deroghe per raccolte per scopi farmaceutici.

 Molti Enti regionali si sono dotati di appositi Regolamenti per determinare limiti più stringenti rispetto a quelli indicati dalla normativa
degli anni ’30, quando alcune piante officinali non venivano raccolte se non da pochi conoscitori ed esperti che ne sfruttavano le proprietà benefiche. Tra queste c’è sicuramente l’arnica, oggi molto conosciuta per i suoi effetti antinfiammatori e utilizzata in caso di traumi, divenuta ormai rara. L’arnica appare nella tabella del 1932 con quantitativi di raccolta decisamente eccessivi rapportati ad oggi: 5 chilogrammi di fiori e radici. Ma i compilatori della legge hanno agito con lungimiranza e saggezza, infatti scorrendo la lista si nota che, saggiamente, sono state indicate con un quantitativo detenibile pari a zero le più comuni piante medicinali tossiche come ad esempio l’Atropa belladonna, vietandone di fatto la raccolta. Negli anni non c’è stata alcuna innovazione normativa univoca nazionale del settore ed è per questo che a livello regionale, a partire dagli anni ’70, si è avuta una legislazione regionale o provinciale (Trento e Bolzano) che ha compensato, in maniera differente a seconda del legislatore, le modalità di raccolta e i quantitativi. Questa è la ragione per cui anche le specie tossiche che il legislatore degli anni ’30 aveva interdetto alla raccolta, vengono ricomprese in alcuni elenchi regionali. Nel Lazio ad esempio, c’è la necessità di un’autorizzazione per la raccolta di Atropa belladonna, mentre nella maggior parte delle regioni del sud invece, al di fuori delle aree protette, la raccolta è libera.

Girando fra Parchi e monti delle regioni d’Italia, la stessa pianta può essere rispettivamente raccolta o meno in specifici quantitativi e determinate zone, previa autorizzazione o liberamente. In quasi nessun posto può essere usato il rastrellamento per la raccolta e in generale tutte quelle pratiche troppo distruttive che non permettono alla pianta di poter crescere di nuovo. attenzione alla foglia avvelenata Ma se la voglia di riempire il cestino di inusuali bontà ha superato le barriere legislative, sarà ancor più saggio non improvvisarsi esperti conoscitori di foglie, frutti, bacche e radici ed affidarsi ad un corso prima di gustare i frutti della propria raccolta. Come per i funghi, anche per le piante sussiste il pericolo di intossicazione con specie non commestibili o con quantitativi maggiori di quelli sopportati dall’organismo. Come per le preparazioni galeniche, anche per l’uso alimentare è necessario conoscere le specie edibili ed attenersi alla raccolta di quelle conosciute per non incorrere, nel migliore dei casi in un brutto mal di pancia! Possono essere d’aiuto i corsi specifici in cui vengono illustrate le piante commestibili più comuni e organizzate escursioni guidate da personale specializzato.

 Quindi, ricapitolando, in alcune zone d’Italia è meglio cogliere l’attimo piuttosto di un fiore “proibito” anche se non è così facile capire quale lo sia. Le piante commestibili sono ottime e gustarle significa ripercorrere secoli di cultura culinaria spesso dimenticata e scoprire sapori mai provati. D’altronde affidarsi solo al proprio istinto per sceglierle e mangiarle può comportare seri rischi per la salute. Che dire? La fortuna arride ai coraggiosi o a chi si affida ad un corso tenuto da un esperto, forse meno avventuroso del fai da te ma di certo più rassicurante. Ed ora…mangiamo la foglia!

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