VERDE TIME

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venerdì 30 giugno 2017

IDEA, COME CREARE UNA SPIRALE DI ERBE AROMATICHE

Con la spirale delle erbe aromatiche sarai il creatore di un microclima perfetto che immagazzina il sole durante il giorno e rilascia il calore la notte.

Questa costruzione armonica avrà un diametro di almeno 2 metri e sarà alto da 80cm a 1 metro. La cima sarà molto esposta al sole, mentre il lato sarà più fresco e ombreggiato per le piantine che non amano molto l’esposizione diretta. Sarà un abbellimento che renderà unico il vostro giardino ma non solo, è anche funzionale,scegli il punto dove dovrà sorgere questa bellissima spirale di erbe aromatiche.

1) Pianta un palo al centro dell’area
2) Con una fune traccia un cerchio intorno e ricrealo con le pietre
3) Togli uno strato molto superficiale di terreno all’interno del cerchio
4) Adesso ripeti l’operazione per creare un cerchio più piccolo dove nascerà lo specchio d’acqua, guarda la foto per farti un’idea della posizione. L’unico passaggio che devi fare in più è il seguente: dopo aver tolto il terreno, sistema il telo da laghetti e coprilo per evitare di sporcarlo con le operazioni successive.
Le zolle di erbe e il terreno non sono da buttare! Ci serviranno dopo.
5) Adesso segniamo la spirale con le pietre. Inizia dalle più grosse e posizionale una sopra l’altra, il terreno con cui la devi riempire terrà fermo il tutto se le posizioni con una pendenza verso l’interno.
Per dare l’effetto rialzato puoi anche riempire il fondo con calcinacci o altro per appoggiare via via le pietre e dare l’effetto verso l’alto.
6) Ora suddividiamo la nostra spirale in quattro zone:

Zona A: quella superiore più calda: rosmarino, lavanda, timo e mentuccia.
Zona B: dove metteremo le zolle di erba verso il basso e con la terra dello scavo: rucola, cumino, calendula, cipolla egiziana, aglio cinese.
Zona C: area umida dove devi inserire terriccio mescolato a compost maturo: citronella, prezzemolo, aglio, aneto, timo, erba cipollina.
Zona D: l’area dello stagno: olmaria, veronica beccabunga, crescione d’acqua.

giovedì 29 giugno 2017

CONSIGLI MOLTO UTILI PER LE PIANTE IN CASA, SOPRATUTTO CON BAMBINI

Ci sono piante che se inghiottite o toccate possono causare spiacevoli sintomi ai bambini. Ecco l’elenco delle piante “cattive” e quello delle piante che invece andrebbero tenute in casa con un bimbo.

Ci sono piante che se inghiottite o toccate possono causare spiacevoli sintomi, i più frequenti dei quali sono vomito e diarrea, in caso di ingestione; bruciore, prurito, rossore, eritema in caso di contatto.
Di seguito, l’elenco delle piante “cattive” con accanto indicato da che cosa può provenire il pericolo per il bimbo: se si vogliono comunque tenere in casa bisogna impedire al piccolo di avvicinarsi.

Azalea: ingestione

Ciclamino: ingestione

Clivia: ingestione

Dieffenbachia: ingestione e contatto

Erica: ingestione

Ficus elastica: ingestione e contatto

Gelsomino: ingestione

Giacinto: ingestione

Glicine: ingestione

Oleandro: ingestione e contatto

Stella di natale: ingestione e contatto.
Le piante amiche dei bambini
Ci sono delle piante che svolgono solo gli effetti benefici del “verde”, cioè aiutano a depurare l’aria, assorbono una certa quantità delle radiazioni emesse dagli apparecchi elettrici, umidificano blandamente l’ambiente, quando l’aria di casa è resa spiacevolmente secca dai caloriferi accesi.
Dove c’è un bambino ci dovrebbero essere solo questo tipo di piante, di cui fanno parte :

 il ficus benjamin, 

la dracena,

 il cactus,

 l’orchidea.

TUTTO E DI PIU' SUI BONSAI



COME MODELLARE UN BONSAI
Quella per i bonsai è una passione antichissima che ci è stata trasmessa dall'Oriente, precisamente dal Giappone, dove cresce la maggior parte di questi alberelli. Le tecniche di potatura e di modellatura dei bonsai sono tante e differiscono a seconda della grandezza e della specie. La sagomatura è quella tecnica che determina l'aspetto del bonsai; è un processo complesso che richiede molta attenzione, in quanto l'unico modo per riparare ad eventuali errori è attendere la ricrescita delle foglie e dei rami. La modellatura del bonsai dovrà basarsi sullo stile e la forma che si desidera conferirgli, anche se questi due aspetti non dovrebbero discostarsi troppo dalla formazione naturale del piccolo albero per non compromettere la sua salute.

 Vediamo allora, attraverso i passi della seguente guida, come modellare un bonsai.Innanzitutto bisogna dire che occorre più di un anno per modellare un bonsai, partendo da una pianticella. Cominciate, quindi, scegliendo le piante che più vi piacciono in primavera o in estate; preferite quelle che hanno uno stelo con le dimensioni di circa 1 cm di diametro alla base. Se le piantine stanno crescendo in giardino, non le rimuovete o, almeno, invasatele utilizzando della composta specifica e lasciatele all'aperto in un luogo riparato.La cosa importante è cominciare precocemente a modellare un bonsai. Potate la pianta in maniera approssimativa nella forma voluta, lasciando vari rami su entrambi i lati del tronco, ma assicuratevi di eliminare le ramificazioni opposte, in modo da creare un effetto equilibrato ma asimmetrico.

 Prima dell'inverno, recidete lo stelo principale a 15 cm circa di altezza dalla base, rimuovete la piantina dal terreno o dal vaso, e potate fino a un terzo le radici. Infine, sistemate la pianta in un contenitore per bonsai.Quando mettete l'alberello nel vassoio per bonsai, utilizzate del filo elettrico per fissare le radici ai fori di drenaggio, in maniera tale da mantenerlo nella posizione desiderata. Avvolgete altro filo di rame a spirale intorno al fusto e ai rami, così da piegarli nelle forme contorte desiderate. Poi fissate il filo elettrico con uno spago al bordo del vasetto. Ricordate di avvolgere il filo in modo regolare, formando spire di circa 45°, di non tirare troppo il filo e di non attorcigliarlo su se stesso. Ricoprite lo strato superiore del terriccio con del muschio, per dare l'idea dell'erba. Lasciate la pianta all'aperto, riparata.

TUTTO E DI PIU' , SUI "BONSAI"



COME COMINCIARE A COLTIVARE I BONSAI
"Bonsai", noi occidentali lo interpretiamo in due modi. Il bonsai, o meglio, quel bell'alberello che vediamo nei negozi. Quello piccolino, di cui vendono anche tanti manuali perché difficile da potare. Ma anche l'arte orientale di coltivare miniature di alberi. Piantarli e coltivarli per anni in un piccolo vaso. Questo termine deriva dal giapponese 盆栽. Questi due ideogrammi significano "bonsai". Il primo ("bon") significa "contenitore". Il secondo significa "educare" e, per estensione, "coltivare" ("sai"). Vediamo allora come cominciare a coltivare i bonsai e a prendersene cura. Può anche essere una pratica molto rilassante e soddisfacente!

Acquistare un bonsai è senza dubbio più veloce. Vi recate in un negozio di fiori, in un vivaio, e potete scegliere tra quelli esposti e farvi consigliare dal negoziante. Il prezzo varia a seconda della dimensione del bonsai. Si parte da un prezzo base di 15/20 € ad anche cifre come 100 € circa. Gli alberi più richiesti per quest'arte sono la quercia, il fico, il castagno e l'ulivo. Da tenere in considerazione è anche dove posizionarlo. O meglio, se volete un albero da esterno o da interno.
Non deve innaffiare né troppo spesso né troppo raramente. La pianta si rovinerebbe! Infatti o marcirebbe per la troppa acqua o essiccherebbe per la mancata presenza d'acqua. Innaffiate, pertanto, quando notate che il terreno sia asciutto. Innaffiate dall'alto. Il bonsai va anche trattato con fertilizzante. A questo scopo si raccomanda l'uso della cenere come fertilizzante naturale. Arricchisce il terreno di potassio.

Innanzitutto, per iniziare la potatura, vanno eliminare le foglie secche e i rami vecchi. Ora potete dare alla chioma la forma desiderata.

 Le radici devono crescere in modo orizzontale, e non in profondità. Man mano che il tempo passa, le foglie del bonsai si faranno più piccole e il tronco del bonsai più grosso. Prima che raggiunga la forma che tutti noi vediamo nei negozi, o comunque quella desiderata, ci vorranno sicuramente mesi. In alcuni casi anche anni. La pianta di bonsai dovrà essere poi trapiantata ogni due anni circa.


mercoledì 28 giugno 2017

CHI HA MANGIATO LA FOGLIA ......CONSIDERAZIONI


Piante selvatiche commestibili, un piacere per il palato di chi le conosce e le apprezza anche se spesso ne è proibita la raccolta

aglio selvatico, finocchietto, topinambur, cardi, ortica e sambuco, non stiamo dando la ricetta di una pozione da preparare in un pentolone da stregoni, ma i nomi di alcune tra le tante piante selvatiche commestibili che possiamo trovare nei prati o nei boschi del nostro Paese, piccolo tesoro per chi le sa riconoscere. In effetti, complice una riscoperta di tutto ciò che ha a che vedere con l’ambiente e col vivere secondo natura, sono sempre di più gli appassionati della raccolta delle erbe spontanee edibili e dei deliziosi frutti di bosco da riproporre in ricette che sono pressoché appannaggio di alcuni paesi ancora legati alle tradizioni e, perché no, di novelli stregoni dei nostri tempi che hanno saputo raccogliere secoli di cultura tradizionale medica e culinaria..in un fiore o una foglia!

 Chissà quanti di voi, causa la distrazione o l’inesperienza, hanno calpestato senza accorgersene un piccolo tesoro di gusto, una fogliolina magari alquanto spinosa, che nonostante il suo aspetto poteva suggellare un incontro perfetto col palato se opportunamente coperta da una soffice pastella! L’erba voglio non sempre è un’erba “posso” Ma ogni percorso per raggiungere un tesoro nasconde insidie e trabocchetti e anche le nostre amabili foglie succulente non si sottraggono a questa regola, conosciuta da chiunque abbia letto almeno una storia avventurosa. Il pericolo incombe sul raccoglitore inesperto sotto due aspetti: quello della legge e quello della salute, la tossicità di molte piante.

Volendo focalizzare il primo aspetto, ben conosciuto da chi, come i Forestali, opera in ambiente rurale e montano, ricordiamo che le piante selvatiche, come tutta la materia che riguarda la tutela del territorio, sono assoggettate a leggi statali ma anche regionali e delle province autonome, che ne regolano la fruizione da parte dei cittadini. Per quanto concerne in particolare le erbe commestibili di cui parliamo, spesso per la stessa pianta vi sono regole diverse per la raccolta o addirittura in alcuni casi vige il divieto di raccolta stessa. Posto che vai e foglia che puoi.

 Facciamo l’esempio della Carlina acaulis, una sorta di cardo che si espande in orizzontale sul terreno, anche detto carciofo selvatico. Chi ama il carciofo amerà la carlina, potremmo dilungarci sulle sue qualità diuretiche e antinfiammatorie e potremmo anche azzardare a consigliarla quale rimedio per chi soffre di ritenzione idrica, ma chi conosce ed ha provato il carciofo selvatico se lo ricorda perché è buonissimo fritto e gustato ancora tiepido. Attenzione a raccoglierlo però se vi trovate nel Parco dei Sibillini perché la raccolta è vietata mentre in Abruzzo è consentita. La raccolta di alcuni vegetali poi, è vietata ovunque ma a causa di un problema di somiglianza e alla loro prelibatezza, finiscono spesso nel cestino di qualche raccoglitore.

È il caso del pungitopo, Ruscus, specie protetta e che mai farebbe sospettare utilizzi culinari, mentre i germogli di questa pianta nel mese di maggio vengono raccolti e consumati in padella o come condimento di primi piatti gustosi, in maniera simile all’asparago col quale hanno in comune l’aspetto.

Anche per l’asparago selvatico variano da regione a regione i quantitativi di raccolta. In Veneto ad esempio si permette la raccolta soltanto di un chilogrammo di asparagi selvatici al giorno per persona. La rosa canina in Friuli Venezia Giulia può essere raccolta in quantitativi che non superino un chilo al giorno. E se vi venisse in mente di terminare un pasto con un ottimo liquore alla genziana magari preparato dalle vostre sapienti mani, allora ricordate che la genziana è protetta in 9 regioni tra cui Piemonte, Liguria, Abruzzo e Emilia Romagna, mentre in Campania si può raccogliere previa autorizzazione ma nel Lazio, Marche ed Umbria invece è ammessa la raccolta. La Gentiana lutea L. è specie minacciata d’estinzione in Europa, nonostante ciò a seconda dei suoi natali può essere colta o meno in Italia. Particolare anche il caso del cappero, che nel Parco Regionale dei Colli Euganei (PD) può essere raccolto in quantitativi pari a 0,10 chilogrammi, ma non ovunque, solo nel comune di Monselice; occhio al gps quindi se vorrete arricchire una pietanza col saporitissimo cappero! il mistero delle norme differenti È evidente a questo punto che a seconda della regione vi sono diversi gradi di protezione della flora in generale e quindi anche di quella officinale. Regioni come la Val d’Aosta, il Piemonte e il Trentino Alto Adige considerano protetta tutta la flora in e in altre come Liguria, Lombardia e Campania sono tutelate solo le specie indicate nel Regio Decreto del 1932 (che completa l’unica normativa nazionale per le piante officinali valida, la Legge 99 del 1931) ma possono essere raccolte previa autorizzazione, Emilia ed Umbria prevedono deroghe per raccolte per scopi farmaceutici.

 Molti Enti regionali si sono dotati di appositi Regolamenti per determinare limiti più stringenti rispetto a quelli indicati dalla normativa
degli anni ’30, quando alcune piante officinali non venivano raccolte se non da pochi conoscitori ed esperti che ne sfruttavano le proprietà benefiche. Tra queste c’è sicuramente l’arnica, oggi molto conosciuta per i suoi effetti antinfiammatori e utilizzata in caso di traumi, divenuta ormai rara. L’arnica appare nella tabella del 1932 con quantitativi di raccolta decisamente eccessivi rapportati ad oggi: 5 chilogrammi di fiori e radici. Ma i compilatori della legge hanno agito con lungimiranza e saggezza, infatti scorrendo la lista si nota che, saggiamente, sono state indicate con un quantitativo detenibile pari a zero le più comuni piante medicinali tossiche come ad esempio l’Atropa belladonna, vietandone di fatto la raccolta. Negli anni non c’è stata alcuna innovazione normativa univoca nazionale del settore ed è per questo che a livello regionale, a partire dagli anni ’70, si è avuta una legislazione regionale o provinciale (Trento e Bolzano) che ha compensato, in maniera differente a seconda del legislatore, le modalità di raccolta e i quantitativi. Questa è la ragione per cui anche le specie tossiche che il legislatore degli anni ’30 aveva interdetto alla raccolta, vengono ricomprese in alcuni elenchi regionali. Nel Lazio ad esempio, c’è la necessità di un’autorizzazione per la raccolta di Atropa belladonna, mentre nella maggior parte delle regioni del sud invece, al di fuori delle aree protette, la raccolta è libera.

Girando fra Parchi e monti delle regioni d’Italia, la stessa pianta può essere rispettivamente raccolta o meno in specifici quantitativi e determinate zone, previa autorizzazione o liberamente. In quasi nessun posto può essere usato il rastrellamento per la raccolta e in generale tutte quelle pratiche troppo distruttive che non permettono alla pianta di poter crescere di nuovo. attenzione alla foglia avvelenata Ma se la voglia di riempire il cestino di inusuali bontà ha superato le barriere legislative, sarà ancor più saggio non improvvisarsi esperti conoscitori di foglie, frutti, bacche e radici ed affidarsi ad un corso prima di gustare i frutti della propria raccolta. Come per i funghi, anche per le piante sussiste il pericolo di intossicazione con specie non commestibili o con quantitativi maggiori di quelli sopportati dall’organismo. Come per le preparazioni galeniche, anche per l’uso alimentare è necessario conoscere le specie edibili ed attenersi alla raccolta di quelle conosciute per non incorrere, nel migliore dei casi in un brutto mal di pancia! Possono essere d’aiuto i corsi specifici in cui vengono illustrate le piante commestibili più comuni e organizzate escursioni guidate da personale specializzato.

 Quindi, ricapitolando, in alcune zone d’Italia è meglio cogliere l’attimo piuttosto di un fiore “proibito” anche se non è così facile capire quale lo sia. Le piante commestibili sono ottime e gustarle significa ripercorrere secoli di cultura culinaria spesso dimenticata e scoprire sapori mai provati. D’altronde affidarsi solo al proprio istinto per sceglierle e mangiarle può comportare seri rischi per la salute. Che dire? La fortuna arride ai coraggiosi o a chi si affida ad un corso tenuto da un esperto, forse meno avventuroso del fai da te ma di certo più rassicurante. Ed ora…mangiamo la foglia!

ERBE AROMATICHE : TABELLE ABBINAMENTI.....



Voi conoscete tutti gli abbinamenti delle erbe aromatiche ? NO  e allora mi  sono organizzato e ho preparato per voi una tabella di abbinamento (utilizzo)  sperando che possa esservi utile!

ERBE AROMATICHE
ALLORO sughi - brodi di carne e pesce - conserve in olio e aceto - marinate.
 ANETO salmone crudo o affumicato
 ANICE STELLATO pollo, pesce e verdure, brodo della zuppa
 BASILICO minestre, mozzarelle, carni, sughi, insalate, pomodori
 CANNELLA dolci, frutta cotta e alcune tipi di carni
 CAPPERO . carne, pesci lessati, salse, frittate, pizze
 CHIODI DI GAROFANO bolliti e brasati, marinate di carni rosse e selvaggina
 CORIANDOLO cavoli, crauti, legumi, pesce, mele al forno
 DRAGONCELLO insalate, salse, minestre, piatti a base di pesce, carne, pollo
ERBA CIPOLLINA Insalate, minestre, sughi e patate lesse
 FINOCCHIO pasta con le sarde, carni grasse
 FINOCCHIETTO ricette mediterranee, come la pasta con le sarde siciliana
 GINEPRO arrosti, lessi, spiedini
MENTA ottima per profumare l'aceto o il tè freddo

 MAGGIORANA carni, pesci, verdure, uova e conserve. Spesso viene aggiunta cruda a minestre e zuppe, profuma marinate, formaggi freschi, pizze e ripieni.
MELISSA piatti a base di pesce, zuppe, insalate, salse, marmellate, dolci e liquori
NOCE MOSCATA ricotta e spinaci, ripieni di ravioli e tortellini; per aromatizzare dolci, per preparare punch e nel vin brulé.
ORIGANO tutte le carni e i pesci - formaggi freschi - pizze - fagioli lessati - melanzane - intingoli - ripieni - carni in umido.
 PAPRIKA DOLCE umidi e spezzatini, ma anche salse e condimenti, formaggi freschi (es. caprino) PEPERONCINO secco secco intero, sbriciolato direttamente sul tegame insaporisce il sugo per la pasta, lo spezzatino o la ratatouille di verdure. Quello macinato, specie se fine, oltre ad avere tutti gli usi di quello intero, è perfetto da spolverizzare sopra gli impasti di polpette e ripieni, ai quali si amalgama bene.

 PEPE verde: verdure, salamoie e con il filetto di manzo. nero: matrimonio perfetto con la carne rossa. rosso: pesce,le carni bianche e le verdure. bianco: pesce, carni bianche, verdure, salse e cocktail, di cui non si vuole coprire il sapore né intaccare il colore. grigio: verdure, il riso, il pesce e i crostacei.
 PREZZEMOLO esalta il profumo delle altre erbe! Legumi, insalate, pesce, carne, patate e frittate; è anche l'ingrediente principale di alcune salse utilizzate come accompagnamento di bolliti sia di carne che di pesce.
ROSMARINO crostacei - pesci - carni - arrosti - sughi - pizzaiole - carni alla griglia
 SALVIA pesce - brodi - fegato - frittelle
 SANTOREGGIA fave, fagioli e lenticchie (le leguminose in genere) correggendone la caratteristica della loro "ventosità". E' adatta per le carni di agnello, selvaggina e per la preparazioni di vari intingoli.
 TIMO carni e pesci, specie in umido o arrosto, si sposa benissimo con il maiale ma anche con il salmone e gli sgombri.
 ZAFFERANO zuppe vegetali e risotti.
ZENZERO carne e cacciagione e pesce, crostacei e per preparare dolci secchi. Si usa anche per aromatizzare bevande (ginger), salse (curry).

martedì 27 giugno 2017

RISVEGLIARE LA PASSIONE AMOROSA CON......L'AGLIO!!!!


L'idea di conquistare la persona amata conciliando i piaceri dell'eros con quelli del palato è antica quanto il mondo, fin dai tempi in cui l'Uomo imparò a riconoscere e utilizzare erbe, spezie e aromi. A questo proposito gli ingredienti a disposizione quotidianamente per le nostre ricette preferite possono regalarci piacevoli sorprese.
È il caso dell'aglio, il tanto vituperato bulbo per gli effetti deleteri sulle nostre relazioni interpersonali: la BBC, storico network televisivo inglese, ha lanciato qualche giorno fa la notizia per cui, secondo uno studio scientifico, ha proprietà afrodisiache, in quanto è ricco di ossido nitroso, per intenderci lo stesso principio attivo dell'osannato farmaco Viagra. Il professor Pasquale Potenza, biochimico all'Università di Buenos Aires in Argentina, ha determinato lo stesso composto chimico anche nelle ottime cipolle rosse di Tropea. "Rimane ancora da accertare in maniera scientificamente attendibile - chiarisce lo studioso - se quanto già appurato possa trovare correlazione a livello biochimico, e quindi a livello farmacologico". Questa molecola ha il pregio di esercitare un'azione biologica su particolari recettori delle pareti arteriose, provocando vasodilatazione e quindi migliorando la circolazione ematica: ciò determina un beneficio sulla funzionalità dell'apparato genitale maschile.


La scienza moderna codifica l'antico sapere
In realtà l'aglio (Allium sativum) appartiene assieme alla cipolla (Allium cepa) alla famiglia botanica delle Liliaceae e ciò spiega la convergenza biochimica dell'ossido nitroso in entrambe le specie. 
È noto da secoli come rimedio naturale contro l'impotenza o comunque come stimolante la virilità. Storicamente, i faraoni costringevano gli operai intenti alla costruzione delle piramidi a mangiarne grandi quantità, perché li proteggeva da malattie e parassitosi intestinali ma soprattutto perché ne potenziava la forza fisica. Dall'Egitto la coltivazione si estese al Mediterraneo, fino alla Grecia: Galeno e Dioscoride, padri della medicina e dell'erboristica, lo menzionano sia come rimedio per molte malattie che come ingrediente afrodisiaco. Tra i Romani era radicata l'idea che l'assunzione di decotti o addirittura di spicchi interi aumentava la valorosità dei soldati. Nel 1858 è Pasteur che, invece, lo descrive accuratamente e scientificamente come potente antibiotico.


Come utilizzare l'aglio per la cucina afrodisiaca
Ovidio consigliava agli amanti insalata di aglio e cipolle; Galeno definì il bulbo "eccitante per Venere": in ogni caso il problema è il cattivo odore dell'alito, definito tipicamente alliaceo, conseguente alla sua assunzione: ciò è dovuto alla principale componente biochimica del bulbo, l'allina, che nella pianta in vivo è inodore in quanto ben segregata in un compartimento cellulare. Al momento del taglio o della macinazione, essa si combina con un enzima, di solito confinato in un altro comparto cellulare, che la trasforma in allicina e trisolfuri (composti contenenti zolfo) responsabili dell'aroma fastidioso.
I cuochi più maliziosi, non volendo rinunciare alle proprietà afrodisiache, attenuano di molto il problema servendo in contemporanea foglioline di prezzemolo, oppure qualche grano di caffè o di anice, cumino o cardamomo; altrimenti consigliano di mangiare lentamente una mela o un cucchiaino di miele dopo l'assunzione di questo ingrediente.


Il ricettario popolare ci insegna che è possibile preparare anche bevande stimolanti, ad esempio facendo bollire in mezzo litro d'acqua tre spicchi d'aglio, un gambo di sedano e un rametto di santoreggia; infatti di queste tre piante, tutte eccitanti, sono stati proibiti per tantissimi secoli la coltivazione e il consumo all'interno dei conventi. Oppure si può preparare un vino "rafforzante l'amore" schiacciando una testa d'aglio e facendola macerare in un litro di vino bianco secco per dieci giorni; la bevanda va consumata prima dei pasti, come aperitivo, associata ad altri piatti afrodisiaci.


GIARDINO :USARE LE ROSE TAPPEZZANTI


Le rose tappezzanti sono degli ibridi di recente creazione. Il loro successo commerciale è dovuto a ben quattro caratteristiche vincenti: la continua e copiosa fioritura dalla primavera all'autunno inoltrato, la velocità di accrescimento, la bassa manutenzione e l'ottima resistenza alle malattie. Per questi motivi questa tipologia di rose è abbastanza ricercata in quanto è adatta sia per l'arredo urbano che per i giardini di persone che sono inesperte nel campo. Leggendo questo tutorial si possono avere alcuni utili consigli e delle corrette indicazioni su come è possibile usare le rose tappezzanti.
Esse sono adatte per ricoprire muri e scarpate; inoltre, danno il meglio se vengono poste in un luogo soleggiato ed al riparo da forti correnti d'aria. I lunghi rami lassi oppure striscianti sono la soluzione ideale per eleganti macchie di colore di poca manutenzione. Se sono dotate di spalliere oppure supporti è possibile creare delle scenografiche cascate a ridosso di muri, ma anche come soggetti singoli. 

Alcune varietà come la profumata grouse tollerano la mezza ombra e la loro crescita è talmente fitta che impedisce alle malerbe di crescere ai loro piedi. Per la messa a dimora in piena terra esistono sul mercato le varietà tappezzanti innestate su fusto (i cosiddetti "rosai ad alberello"). Esse sono delle vere e proprie ondate di colore da utilizzare come memorabili soggetti isolati.

Per il loro portamento lasso oppure ricadente dei rami si possono utilizzare anche come piante pendenti per i vasi su colonne oppure balconi. La fioritura costante dura tutta la bella stagione; alcune varietà baccifere hanno la fioritura anche durante l'inverno per cui è garantita la finalità decorativa per la presenza di cirronodi dai toni vivaci.

 Generalmente i rosai tappezzanti si piantano in autunno; con pochi accorgimenti si possono mettere a dimora anche nei mesi primaverili ed estivi.

In primavera bisogna effettuare un trattamento anticrittogamico e fungino. Una rosa non ben radicata è molto vulnerabile a qualsiasi attacco. In estate invece delle irrigazioni frequenti è opportuno l'utilizzo per i primi tempi dopo la piantagione di un telo di tessuto.

 In questo modo si possono proteggere dalla calura e dal rischio di ustioni fogliari. Per l'innaffiatura è bene irrigare copiosamente ma non spesso, indipendentemente dalle precipitazioni e dalle temperature.

 L'irrigazione abbondante garantisce lo sviluppo delle radici; in questo modo sono in grado di sopportare anche periodi di prolungata siccità.