VERDE TIME

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lunedì 31 ottobre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : PIANTE CHE ASSORBONO CATTIVI ODORI ED UMIDITA' LE MIGLIORI PER IL BAGNO

 



Anche in bagno può essere bello posizionare delle piante: immediatamente la stanza otterrà un tocco più piacevole ed unico. Immagina una pianta da posizionare nei pressi della finestra oppure sul lavandino. Non solo l’ambiente sarà più bello. Alcune tipologie di piante saranno in grado di rendere l’ambiente anche più salutare e vivibile. La natura, infatti, pensa proprio a tutto.

Si tratta di piante perfette per il bagno perché non necessitano di tanta luce e, notoriamente, le stanze da bagno non sono mai tanto luminose. Queste piante possono assorbire l’umidità ed i cattivi odori che si formano soprattutto in bagno e, in particolare, in inverno quando si aprono meno le finestre e si crea condensa. E’ arrivato il momento di entrare nel vivo e scoprire le cinque migliori piante in grado di assorbire umidità e cattivi odori da posizionare in bagno.

Meglio nota come pianta dell’aria la tillandsia è una pianta che può vivere anche senza terriccio. Infatti, è un vegetale in grado di sostentarsi grazie all’umidità presente nell’aria. Essa la cattura attraverso le foglie. Benché possa crescere bene anche alla luce diretta del sole, è più facile trovarla in ambienti umidi e quindi, in bagno.

Le varietà di tillandsia sono tante, con forme e colori diversi. Per scegliere quella giusta per te non dovrai far altro che optare per un colore piuttosto che per un altro.

Questa pianta appartiene alla famiglia delle Bromeliacee e le sue radici, quando ci sono, servono per ancorarla saldamente al terreno. In natura, la si può reperire soltanto nell’America del Sud ma si presta bene a vivere anche nei nostri appartamenti.

La temperatura minima limite è di 5/7 gradi. In casa va poggiata in un contenitore o in un supporto. Vedrai che se sarà accudita a dovere, ti potrà regalare anche qualche fioritura che dura diversi mesi. Per ottenere il massimo da questa pianta, posizionala vicino ad una finestra e annaffiala due o tre volte la settimana.

Pianta tropicale ad alta resistenza, la Gemma di Zanzibar è una pianta tropicale che necessita di poche cure. Per contro, ha bisogno di tanta luce. Per questo motivo, sarebbe meglio metterla in un bagno dotato di una finestra abbastanza illuminata. La temperatura ideale oscilla dai 15 ai 25 gradi.

La Zamia, oppure la zamiculcas zamiifolia (che rappresenta il suo nome botanico) apparitene alla famiglia delle Araceae.  Nel nostro paese è arrivata nel 1998. Si tratta di una sempreverde perenne che cresce lentamente ma potrebbe superare gli 80 centimetri di altezza. Dal suo apparato radicale rizomatoso-bulboso si levano dei fusti glabri, verdi e marroni.  Quando spuntano, anche se rari, i fiori non sono particolarmente decorativi. Un vaso di media dimensione andrà bene per il tuo bagno.

Il pothos è perfetto anche per quei bagni che non hanno tanta luce. Negli ambienti umidi come il bagno è in grado di proliferare alla grande. Non si tratta di un vegetale che richiede tante cure. Basta toccare il terreno per verificare se è asciutto e procedere all’annaffiatura. Appartenente alla famiglia delle Aracee, il pothos è una pianta sempreverde. Le loro foglie sono molto decorative e di un bel verde brillante che sconfina in variegature gialle o bianche.

Oltre ad assorbire l’umidità, il pothos può assorbire anche agenti inquinanti e cattivi odori. Provare per credere. Ricorda, però, che la temperatura perfetta per farlo proliferare è tra i 12 ed i 15 gradi.

Ebbene sì, l’aloe vera oltre che ad essere molto utilizzata per il gel contenuto nelle sue foglie, questa pianta è in grado anche di assorbire l’umidità. Senza dimenticare il suo essere estremamente decorativa. Inoltre, può sopravvivere anche a lunghi periodi di siccità, tanto che potrebbe bastarle anche soltanto l’umidità che si sviluppa nel bagno. A prova di pollice nero, dunque! Attenzione, però, perché ha bisogno di essere posizionata nei pressi di una finestra per dare il meglio di se. La luce deve essere indiretta, magari filtrata da una tenda. Troppa luce, infatti, potrebbe bruciarle le foglie. Avere una pianta di aloe vera in bagno, inoltre, ti consentirà di utilizzare il suo gel all’occorrenza.



domenica 30 ottobre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : SPARAXIS

 


Le Sparaxis appartengono ad un vasto genere di piante della famiglia delleIridaceae originarie del Sud Africa, diffuse prevalentemente nella Provincia del Capo.

Le piante di questo genere sono bulbose erbacee, alte dai 20 ai 60 cm, a seconda della specie. Crescono da cormi piccoli e carnosi, di diametro poco superiore al centimetro, che si riproducono velocemente e che generalmente solo dopo 3 anni di vita portano fiori a profusione.

Le foglie generate dai cormi sono lanceolate e disposte come quelle dell’iris a formare una specie di ventaglio. Sono ensiformi, membranose, lisce e di colore verde intenso. Sono decidue, infatti subito dopo la fioritura ingialliscono e poi seccano lasciando nudi i cormi dormienti.

fiori, in gran parte delle specie, hanno la forma di campana o di stella a sei punte con sepali della stessa lunghezza, bianchi, rosa, arancioni rossi e spesso multicolori. Il centro o gola del fiore è giallo intenso circondato da un anello di colore nero talvolta nero-rossastro. In alcune specie sono profumati in altre completamente inodori. L’impollinazione è entomofila ovvero avviene ad opera degli insetti. I frutti sono capsule loculicide che a maturazione liberano piccoli semi.

semi sono scuri e germinabili e se raccolti possono essere utilizzati per la semina. Le piante di Sparaxis fioriscono in periodi diversi a seconda della specie e del clima, generalmente in primavera tra Aprile-Maggio, altre anche più tardi.

Le Sparaxis amano l’esposizione al pieno sole e il clima caldo. Se coltivate all’ombra non fioriscono. Non tollerano la temperatura inferiore agli 8-9°C e anche se possono resistere a temperature vicine allo zero, è preferibile rimuovere i bulbi a fine fioritura e conservarli in porli in luogo asciutto e buio. Per la coltivazione in vaso è bene impiegare un mix con prevalenza di torba, con terra e sabbia per garantire il drenaggio. Se le piante vengono coltivate in piena terra e le piogge cadono abbondanti  vanno irrigate solo nei periodi di prolungata siccità e almeno 2 volte a settimana nei mesi estivi. Il terreno  va lasciato asciugare fra una annaffiatura e l’altra per evitare che nel terreno costantemente umido i bulbi possano ammuffire e marcire. Le piante giovani vanno irrigate con maggiore frequenza ma con moderazione. Le Sparaxis necessitano di nutrienti sia per vegetare sia per produrre abbondanti fioriture quindi vanno concimate in primavera con un fertilizzante contenente azoto (N), potassio (K) e fosforo (P). Prima dell’impianto dei bulbi il terreno va mescolato anche un po’ di letame maturo.

Le Sparaxis possono essere coltivate in vaso per abbellire balconi e terrazzi. Per la coltivazione va utilizzato un vaso avente un diametro di 20 cm, drenato sul fondo con sabbia grossolana o pezzi di cocci. Come substrato è ottimale un mix di terriccio e torba. Dopo l’impianto dei cormi si apporta acqua e si colloca il vaso in una zona soleggiata per molte ore del giorno. In Inverno se i cormi vengono lasciati in vaso per tutto il periodo di dormienza, è bene porli al riparo dal freddo e sospendere del tutto le innaffiature. Il rinvaso si effettua a inizio primavera quando i cormi non hanno più spazio a disposizione. Si possono separare e i bulbi e ripiantarli in più vasi. La riproduzione può avvenire per seme e per via vegetativa per divisione dei bulbi nella stagione autunnale.

Al pari delle altre bulbose anche le Sparaxis non si potano ma vanno asportati regolarmente i fiori appassiti e rimosse tutte le foglie secche a fine vegetazione. Vanno eventualmente eliminate anche le foglie danneggiate da muffe o da parassiti animali per evitare infezioni più estese e pericolose. I bulbi delle Sparaxis soffrono il marciume se il terreno di coltivazione è poco drenante o gli apporti idrici sono abbondanti e ravvicinati. Le foglie tenere vengono danneggiate dalle lumache e dalle limacce. Le Sparaxis sono piante che non richiedono particolari cure di manutenzione. Solo se coltivate in piena terra necessitano di periodiche scerbature. Le lumache vanno tenute lontano dai teneri germogli spargendo intorno al colletto della cenere di legna.  Il marciume dei bulbi si evita con un terreno poroso senza ristagni idrici.

Il genere Sparaxis conta circa 15 specie diverse molte delle quali crescono spontanee su radure argillose, terreni rocciosi e anche in quelli sabbiosi dei litorali costieri.

Sparaxis tricolor

La Sparaxis tricolor è una delle specie che raggiunge un’altezza massima di 30 cm. Ha foglie disposte a ventaglio alla base degli steli fioriferi. Produce fiori di vari colori con un vistoso centro, generalmente giallo intenso bordato di nero che fioriscono in tarda primavera, verso maggio,   anche prima in base al clima del luogo. Questa specie è la più coltivata e anche la più utilizzata nell’ibridazione.

Sparaxis bulbifera

La Sparaxis bulbifera è una specie alta 15-45 cm, endemica delle pianure sabbiose o calcaree del Capo sudoccidentale. Ha steli erbacei ramificati con foglie nastriformi lanceolate e strette. Da Settembre a Ottobre produce fiori di colore bianco crema o giallo pallido.  Ama il pieno sole e  va coltivata a temperature ottimali comprese tra i 15 – 20°C. Teme il freddo e le gelate.

Sparaxis caryophyllacea

La Sparaxis caryophyllacea è una specie decidua alta fino a 30 cm. Ha foglie verdi, semplici, alterne, lanceolate con margini interi. Produce fiori imbutiformi gialli disposti in spighe. Ama il pieno sole e il terreno granuloso leggermente umido.

Sparaxis elegans

La Sparaxis elegans è una specie originaria del Capo nord dell’Africa, endemica dell’altopiano di Bokkeveld. In tarda estate, da fine Agosto fino a Settembre, produce una gran quantità di fiori inodori di colore arancione salmone, rosa o bianco.

Sparaxis fragrans

La Sparaxis fragrans è endemica nelle pianure argillose e raggiunge i 10 a 25 cm di altezza. Dalla primavera all’estate produce fiori gialli gradevolmente profumati. Necessita di poca acqua solo durante il periodo di vegetazione e va coltivata al pieno sole. E’ una specie molto resistente alle avversità anche se perde le foglie quando i bulbi entrano in riposo vegetativo.

Sparaxis calcicola

La Sparaxis calcicola è una specie endemica delle colline rocciose calcaree del sud-ovest del Capo. E’ una specie nana alta al massimo poco più di 20 cm. Ha foglie ensiformi a ventaglio di colore verde chiaro.  Da inizio agosto a metà settembre produce fiori con petali bianchi e gialli leggermente profumati al limone.

Sparaxis grandiflora

La Sparaxis grandiflora è diffusa allo stato spontaneo nei terreni argillosi del Capo occidentale del Sud Africa. E’ una cormosa perenne, alta circa 50 cm con foglie lunghe fino a 30 cm. In primavera produce spighe di fiori profumati a forma di imbuto con petali lobati bianchi, bianco -rosati, rosso porpora, portati da steli alti fino a 45 cm.

Sparaxis maculosa

La Sparaxis maculosa è una pianta geofita decidua alta mediamente 20 cm, che cresce da un piccolo cormo rivestito di scaglie cartacee. Ha foglie lanceolate disposte a formare una specie di ventaglio. Gli steli sono eretti e generalmente portano un singolo fiore. In settembre produce fiori inodori di colore giallo luminoso con centro marrone scuro o nerastro. Questa specie spontanea è a rischio di estinzione.

Sparaxis metelerkampiae

La Sparaxis metelerkampiae è originaria del Capo settentrionale e occidentale. Ha foglie strette, lunghe fino a 3o cm, lisce di colore verde. Produce fiori inodori e imbutiformi di colore  viola. Va coltivata al pieno sole, nel terreno terreno leggermente acido.

In Inghilterra la Sparaxis, come la Gaura lindheimeri, viene chiamata Wand flower ovvero pianta dal fiore arlecchino. Le Sparaxis grazie alle loro variopinte fioriture molto decorative, la resistenza alle malattie sono molto apprezzate in giardinaggio e per tali motivi trovano largo impiego come ornamentali per bordure, per realizzare aiuole dei giardini, dei parchi pubblici e in vaso come piante da fiore per davanzali, balconi e terrazzi.

In floricoltura queste piante vengono coltivate in modo intensivo anche per la produzione di fiori recisi. Il nome generico Sparaxis deriva dal vocabolo greco sparasso, che significa “lacerare, rompere , strappare”, e fa riferimento alla forma delle brattee floreali.


sabato 29 ottobre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : COME COLTIVARE LE PIANTE IN ACQUA IN CASA

 



Per alcuni il mondo delle piante è un universo tanto meraviglioso quanto misterioso. Nonostante il piacere di averle in casa o sul proprio balcone, districarsi tra vasi, la scelta del giusto terriccio, le tecniche di potatura e i fertilizzanti non è sempre semplicissimo.

D’altronde il giardinaggio o la cura delle piante ha spesso dimostrato di non essere un’attività per tutti. Richiede, essenzialmente, informazione e una certa abnegazione, oltre, ovviamente, al famoso pollice verde con cui s’identifica una naturale propensione a far crescere e prosperare qualsiasi elemento naturale di colore verde.

Se, però, non si fa parte di questa ristretta categoria di eletti e, oltretutto, si è consapevoli di non essere propriamente affidabili per quanto riguarda le attività di cura, com’è possibile godere la bellezza di un sempreverde senza attentare alla sua incolumità?

Attualmente è possibile far ricorso ad una soluzione, diventata particolarmente di moda, soprattutto per chi non dispone di uno spazio più grande o di un affaccio esterno. Si tratta di una tecnica di coltivazione piuttosto agevole e semplice, adatto a chiunque voglia interfacciarsi con l’universo “verde”senza troppi affanni. Parliamo, nello specifico, della coltivazione di piante in acqua, anche conosciuta dai più tecnici come idrocoltura. Per avere successo basta avere un recipiente, la pianta giusta e, ovviamente, dell’acqua. Se non credete, però, nella sua facilità scopriamo insieme, passo dopo passo, come coltivare una o più piante senza l’utilizzo della terra.

Quali tipologie di piante si adattano alla perfezione alla coltivazione in acqua? Questa è la domanda essenziale cui si deve  rispondere prima di avventurarsi all’interno di questa particolare tecnica. Iniziamo con il dire che tutte possono essere coltivate in questo modo, senza alcun problema.

Anche le piante grasse, che richiedono solitamente poca acqua, possono dare grandi soddisfazioni grazie all’idrocoltura. Nonostante questo, però, alcune tipologia sembrano adattarsi meglio di altre, offrendo una resa estetica di grande effetto. Tra queste c’è sicuramente la Zebrina, utilizzata in appartamento per le sue qualità decorative, il papiro, il tropicale potus e la dracaena, cui si abbina anche la capacità di portare denaro a chi la possiede o, comunque, buona fortuna. Un discorso a parte deve essere fatto per l’edera. Nel caso si desideri coltivarla in questo modo, infatti, il consiglio è di scegliere tra le tipologie a foglie corte. Queste, infatti, sembrano abbinarsi meglio alla coltivazione in acqua. Basta tagliare circa 20 cm di gambo e immergerlo nel vaso scelto. Dopo pochi giorni si vedranno le prime radici.

Ovviamente per portare a buon fine questo tipo di coltivazione l’acqua non è l’unico elemento necessario. Per sostenere le piante all’interno del vaso, infatti, è necessario creare quello che viene definito come il substrato. Il più classico e maggiormente utilizzato è formato da palline di argilla espansa.

Nulla, però, proibisce di  renderlo maggiormente decorativo. Per ottenere questo effetto, ad esempio, si consiglia di utilizzare, al posto dell’argilla, materiali naturali come conchiglie e sassolini colorati o, in alternativa, delle biglie di vetro trasparente. La scelta, in questo caso, dipende molto dal gusto personale e non incide in nessun modo sulla riuscita dell’idrocoltura. E’ preferibile non utilizzare un materiale troppo grosso o troppo fine. Questo, infatti, deve svolgere una funzione di sostegno ma, allo stesso tempo, è necessario che lasci alle radici lo spazio giusto per crescere ed espandersi. Per terminare il substrato ideale, poi, è necessario ricordarsi di inserire del concime in granuli nella quantità riportata sulla confezione.

Per quanto riguarda l’idrocoltura l’acqua, come è facile dedurre dalla parola stessa, è essenziale. Questo vuol dire che, per quanto riguarda la scelta dei vasi, è praticamente obbligatorio scegliere dei contenitori di vetro trasparente. In questo modo, infatti, non solo si potrà vedere nel dettaglio il materiale utilizzato per  creare il substrato, ma si potrà controllare sempre con molta attenzione il livello d’acqua di cui necessita la pianta.

Altro aspetto importante, poi, è la così detta messa a dimora. Ossia il momento in cui dare inizio a questo tipo di coltivazione. Il periodo perfetto è, senza alcun dubbio, la primavera ed è possibile partire da una pianta coltivata a terra. In questo caso si consiglia di scegliere una tipologia giovane, visto che sosterrà meglio il cambio di coltivazione.

Ma come provvedere a questo particolare tipo di travaso? Le fasi da seguire sono poche, anche se è consigliato sempre porre grande attenzione. Per prima cosa, dunque, una volta estratta delicatamente la pianta dalla terra, si suggerisce di lavare le radici, liberandole dei vari residui di terriccio sotto un getto d’acqua. Per preparare al meglio la pianta, poi, sarebbe opportuno anche tagliare ed eliminare le radici che potrebbero essersi danneggiate durante l’operazione. Fatto questo, inizia la vera e propria messa a dimora. Questa consiste con il riempire il vaso per due terzi con il substrato scelto.

A questo punto si deve sistemare la pianta, andando ad agire con una certa delicatezza sulle radici, districandole e sistemandole sul fondo con l’aiuto di un bastoncino. Nel caso si formino degli spazi vuoti, si consiglia di andarli a riempire con altri elementi del substrato. Ma come capire di non aver sbagliato nulla? Basta prendere la pianta dalla base e sollevarla. Se questa non esce dal vaso la messa a dimora è stata portata a termine nel migliore dei modi. A questo punto non rimane che versare l’acqua e veder crescere la propria pianta.

venerdì 28 ottobre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : MACLEAYA O PAPAVERO PENNACCHIO

 


Il genere Macleaya, comprende 2 specie di piante erbacee, perenni, della famiglia delle Papaveraceae, originarie della Cina e del Giappone: la Macleaya microcarpa e la Macleaya cordata.

Entrambe le specie di Macleaya formano in pieno vigore vegetativo, massimo 5 anni, folti cespugli fogliosi larghi 1, 5 metri e alti quasi 2 metri che tendono ad espandersi anche a distanza grazie a stoloni sotterranei emessi dalla radice rizomatosa e alla produzione di numerosi polloni.

fusti, eretti, leggermente lignificati alla base ed erbacei per il resto della loro lunghezza, portano un folto fogliame molto decorativo di colore verde oliva. Le infiorescenze sono grandi pannocchie piumose composte da piccoli fiori ermafroditi di color cuoio o rosa a seconda della specie. Il nettare di questi fiori  attirano numerosi insetti, soprattutto api quindi l’impollinazione è entomogama. I frutti sono capsule orbicolari conteneti piccolissimi semi.

I semi sono ovoidali, attaccati alla base delle capsule. Si autodisseminano e possono esser raccolti e utilizzati per la semina. Le piante di Macleaya fioriscono in tarda estate. Pianta erbacea perenne, vigorosa, molto resistente, a fioritura estiva tardiva; il grande fogliame e i fiori, che sembrano piume di corallo sono splendidi da taglio.

Le Piante di Macleaya anche se crescono bene anche all’ombra parziale producono fiori a profusione in posizioni soleggiate e riparate dai forti venti. Non soffrono il caldo e sono resistenti  a  al freddo e anche al gelo.

Crescono bene in qualunque tipo di terreno fertile, ben drenato,  ricco di sostanza organica, di calcio e magnesio. Le Macleaya sono piante che necessitano di abbondanti e regolari irrigazioni durante il periodo vegetativo, specialmente in estate e nel periodo della fioritura, facendo attenzione però ai ristagni idrici che potrebbero causare la marcescenza delle radici. Essendo specie molto rustiche, le Macleaya come le altre papaveracee sono in grado di sfruttare e di assorbire i nutrienti necessari al loro sviluppo dai comuni concimi distribuiti solo al momento dell’impianto, cioè in primavera. Queste splendide piante con i loro pennacchi piumosi che ondeggiano al minimo soffio di vento sono facili da coltivare anche in vasi alti e larghi pieni di terriccio di terra mescolato con sabbia e materia organica. Vanno annaffiate regolarmente per tutto il ciclo vegetativo e potate ogni anno.

La riproduzione avviene per seme e per via vegetativa mediante la divisione dei cespi, dei polloni basali e per talea. In autunno o in primavera,  si staccano i polloni cresciuti alla base delle pianti portanti radici ben sviluppate e si ripiantano al momento stesso in buche soffici e ben drenate sul fondo. Dopo l’interramento si bagna il terreno e poi lo si mantiene costantemente umido fino a quando le radici sono ben acclimatate nella nuova dimora. In aprile si prelevano talee lunghe 5-8 cm e si mettono a radicare in un miscuglio di sabbia e torba in parti uguali, in cassone freddo. Le talee radicate si trapiantano in vasi singoli e si allevano in essi  fino alla messa a dimora definitiva, in ottobre o in marzo.

Nelle bordure miste le piante di Macleaya possono essere abbinate a peonia e ad alcune  graminacee ornamentali che nascondono i cespi recisi durante l’inverno.

Le Macleaya vanno potate. Si recidono man mano le infiorescenze secche per   per favorire l’emissione di quelle nuove. Dopo la fioritura, in autunno invece si potano drasticamente tutti i fusti a livello del terreno per consentire la produzione di nuovi getti nella primavera successiva. Sono piante rustiche e generalmente molto resistenti alle avversità. In alcuni casi possono essere colpite dall’oidio o mal bianco, una malattia fungina che si manifesta nelle zone con clima caldo e umido con vistosi depositi polverosi biancastri. Le piante giovani vanno munite di sostegni. Eventuali infestazioni da oidio o mal bianco vanno combattute nebulizzando sulle foglie  prodotti in polvere a base di solfato di rame. Le foglie attaccate dal fungo vanno asportate e bruciate per evitare che l’infezione  si estenda anche alle altre piante vicine.

Il genere comprende solo due specie che differiscono sostanzialmente per dimensioni e colore dei fiori.

Macleaya cordata

La Macleaya cordata è una pianta originaria della Cina e del Giappone, alta 1,5-2 m con fusti eretti ricoperti nella parte basale da grandi foglie lobate di colore verde scuro. In estate, da giugno ad agosto, produce lunghe infiorescenze a pennacchio lunghe circa 1 metro, composte da numerosi piccoli fiori di colore bianco-crema. Va coltivata al pieno sole o all’ombra parziale in un terreno profondo ricco di materia organica, umido e ben drenato. E’ una pianta ideale come esemplare isolato o in gruppi come fondo delle aiuole. In inverno va in dormienza.

Macleaya microcarpa

La Macleaya microcarpa è una pianta perenne e molto rustica originaria della Cina. Forma folti cespugli alti circa 2 metri e larghi da 80 a 120 cm. Ha fusti erbacei con  grandi foglie profondamente lobate di colore bluastro-argentato. Da giugno ad ottobre produce lunghi pennacchi formati da piccoli fiori bronzei internamente e rosa corallo all’esterno. Viene utilizzata come ornamentale nei giardini e in vaso e anche per migliorare la fertilità dei terreni poveri di azoto, fosforo e potassio e per tale motivo è stata insignita dalla Royal Horticultural Society del prestigioso premio  “Award of Garden Merit”  . Le piante di Macleaya vengono utilizzate come ornamentali  nelle bordure o nelle aiuole di grandi dimensioni dei giardini privati e dei parchi pubblici.

Le belle pannocchie piumose sono apprezzate come fiori da taglio ed essiccate utilizzate nelle composizione floreali.

Le radici vengono utilizzate per l’estrazione di alcaloidi utili nella preparazione di farmaci antibatterici, nella preparazione di insetticidi efficaci contro gli afidi, i nematodi ed alcune infezioni fungine.

La Macleaya cordata è considerata una pianta velenosa a causa del lattice giallastro contenuto negli steli e nelle foglie ma nonostante ciò viene utilizzata anche come pianta medicinale.

La Macleaya in Inghilterra viene chiamata Plume poppy che significa pennacchio di papavero. Le Macleaya sono conosciute anche con il sinonimo Bocconia e vengono chiamate comunemente papaveri piumosi o a pennacchio nomi che fanno riferimento alla famiglia di appartenenza.

giovedì 27 ottobre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : COME AVERE SEMPRE VERDE IL PHOTOS NEON

 



Proviamo insieme a tracciare una carta d’identità di questa pianta, meno famosa e gettonata rispetto al ben noto cugino pothos, che tutti (o quasi tutti) amiamo tenere in una brocca d’acqua in bella mostra sulle mensole in casa. Perché ne sentirai parlare ancora molto? Scopriamolo insieme.

Parliamo di una varietà molto particolare: nome scientifico Epipremnum Aureum pothos neon appunto che, come le insegne luminose dei negozi a Natale, si farà notare per il suo tocco luminoso in più in ogni angolo. Appartiene alla famiglia delle Araceaee il suo habitat ideale è quello subtropicale: originario delle Isole Salomone tropicali, lo troviamo soprattutto in Asia e in Australia.

Foglie a forma di cuore e portamento rampicante ne accentuano la bellezza, la semplicità con cui coltivarlo, lo rende definitivamente protagonista dei nostri spazi. Mantieni la lucentezza che lo contraddistingue con le dovute cure però. Sbagliare una mossa potrebbe equivalere a far perdere il suo vigore. Tutto nasce da qui: dalla giusta collocazione di questa splendida pianta che se trattata con cura, ti ripagherà con la sua meravigliosa chioma, verde e rigogliosa. 

Considerando le origini subtropicali il nostro pothos neon potrà sopravvivere in condizioni di luce scarsa ma perderebbe il suo caratteristico color verde acceso. Per preservarlo colloca la tua pianta accanto ad una finestra, meglio se esposta a est, luogo in cui godere della luce indiretta del sole. La luce diretta, infatti, potrebbe bruciarne le foglie mentre il non ricevere un’adeguata illuminazione per troppo tempo potrebbe portarne all’avvizzimento progressivo della pianta.

Questa pianta ha bisogno poi di un certo tasso di umidità per sopravvivere e crescere più vigorosa, per questo si preferisce solitamente posizionarla in stanze come il bagno o la cucina. Qualora notassi un calo di umidità, potresti fornirgliene un extra con un umidificatore o l’aiuto di alcuni ciottoli in un vassoio. Ma solitamente posizionarlo accanto ad altre piante d’appartamento aiuta.

Importante, infine, accoglierla alla temperatura ideale. Anche in questo caso a guidarci sarà la sua origine. Il pothos al neon cresce a temperature calde e umide per cui vivrà felice tra i 20 e i 30°. Al di sotto dei 10° inizierebbe a soffrire e non poco. Trovato il posto ideale vediamo di quali cure ha bisogno.

Sin da subito ti diciamo che il tuo pothos neon avrà bisogno di poche cure: rare le sue necessità. Iniziamo con lo scegliere un vaso adatto con dei fori e tanto di sottovaso per favorirne il corretto drenaggio. Detto questo, la pianta troverà il giusto nutrimento in un terriccio a pH neutro: cerca di contribuire al suo benessere a partire proprio da qui. Scegli la miscela più adatta e aggiungi al bisogno del fertilizzante organico anche fai da te. Arriviamo ora ad una nota dolente: di quanta acqua ha bisogno? E’ questo l’errore più frequente, prendi appunti e le innaffiature non saranno più un problema per te. Il segreto, infatti, sta nel tastare il terreno e solo quando appare secco dargli da bere ma attenzione a non esagerare, una quantità eccessiva potrebbe danneggiare sia le radici che le foglie. Al contrario, è una pianta che può resistere a periodi di siccità e quindi tollera carenza di acqua.

In ultimo un consiglio. Solitamente il pothos neon non ha bisogno di un’azione di potatura a meno che non vogliate modificarne il portamento, necessario invece il rinvaso se cresce molto e necessita di più spazio.

Controlla sempre che il tuo pothos sia in salute e se noti delle macchioline sulle foglie o un cambio di colore potrebbe trattarsi di un segnale di sofferenza. Vediamo come intervenire. Il nemico numero uno potrebbe venire dall’acqua e causare marciume radicale. Altri attacchi, tuttavia, sono possibili:

  • da parte di insettila temuta cocciniglia che causa ingiallimento e caduta delle foglie.
  • da peronospora, un’infezione che può attaccare l’intera pianta.

mercoledì 26 ottobre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : ARECA COME TAGLIARE LE FOGLIE SECCHE

 


L’areca, conosciuta anche con il nome botanico di Dypsis Lutescens, è una palma tropicale. La palma d’oro è molto decorativa e non è escluso che tu abbia potuto incrociarla in uffici oppure alberghi.  Se coltivata a terra, questa pianta può raggiungere anche altezze impressionanti, fino a 30 metri. Se coltivata in casa, in vaso, invece, non supera i due metri d’altezza.

Alla famiglia dell’areca appartengono sessanta palme diverse circa. Le sue origini risalgono alla Malesia e, in generale al continente sub-asiatico. I suoi fusti sono sottili e rigati. Le sue foglie sono lanceolate e particolarmente frondose. Il loro colore è verde brillante e ricorda quello della Kenzia.

Nelle palme di Areca giovani le foglie nascono dalla base del fusto. L’areca è molto adattabile e perfetta per poter essere coltivata in tutti gli ambienti in cui fa molto caldo ma c’è un buon grado di umidità. In pratica, cresce bene in quei climi che somigliano a quello di origine, a cui sono abituate. Per via delle sue foglie molto caratteristiche è nota anche come palma farfalla. Le sue foglie, infatti, sono sinuose, molto somiglianti ad ali lunghe. Un altro nome utilizzato per fare riferimento all’areca, è quello di palma d’oro per via delle sfumature dorate delle sue foglie. Queste ultime si aprono a ventaglio e sono pennate. I fiori appaiono soltanto in condizioni estremamente rare, quando il clima è molto favorevole.

Inevitabilmente, le foglie dell’areca possono seccarsi. Vediamo insieme i consigli utili per tagliare in modo efficace ed efficiente le foglie secche.

Benché l’areca sia una pianta forte e resistente, può incorrere in alcune problematiche che coinvolgono soprattutto le sue foglie. Per potersene accorgere è necessario osservare. Se la punta delle foglie dell’areca si secca, vuol dire che l’hai annaffiata troppo.

In generale, se dovessi notare che la pianta si è deperita parecchio e velocemente, dovrai procedere ad un esame delle sue radici. Estraendole dal vaso, dovrai guardare se ci sono dei marciumi. Se sì, dovrai rimuoverli con delle forbici pulite. Successivamente, procederai a cospargere le radici con del fungicida. L’ultimo step è quello di rinvasare la pianta in un vaso nuovo con terra asciutta.

Se le foglie ti sembrano ingiallite e piene di polvere, il problema potrebbe risiedere nella presenza del ragnetto rosso. Se la tua areca è ancora piccola, potresti procedere alla sua pulizia con alcol e sapone. In alternativa, puoi usare un acaricida specifico. Il ragnetto rosso può proliferare soprattutto quando l’ambiente in cui si trova la pianta è parecchio secco. Puoi contrastarlo grazie a nebulizzazioni frequenti. Le piante di areca possono essere soggette anche ad un altro parassita: la cocciniglia. Prima di usare un antiparassitario, puoi provare a rimuoverle a mano pulendo la pianta e lavandola sotto il getto dell’acqua. Questa operazione non potrebbe sortire i risultati sperati se l’infestazione è molto ampia ed estesa. In questo caso, ti servirà un antiparassitario ad hoc.

In generale, la palma areca non necessita di essere potata. Tuttavia, le foglie, così come i fusti, se dovessero essere secchi devono essere eliminati. Per farlo, dovrai servirti di forbici o cesoie affilate.

Prima di procedere al taglio dovrai disinfettare gli strumenti. Se ad essere secca è soltanto la punta, dovrai procedere al taglio soltanto di quella. Per evitare che le foglie secchino precocemente, potrai curarle spolverandole spesso servendoti di un panno umido. Se la tua palma, inoltre, non ti sembra armonica, un altro trucco utile è quello di ruotare il vaso periodicamente. Per scongiurare l’apparizione di foglie secche potrai anche fare attenzione alle annaffiature. Se sono troppo abbondanti, infatti, il sottovaso dovrà essere svuotato circa mezz’ora dopo averla bagnata. Tra gli altri accorgimenti utili c’è quello di procedere al rinvaso ogni volta che le radici ti sembreranno troppo grandi. Generalmente, però, il rinvaso andrà fatto ad ogni primavera. Per procedere al rinvaso è molto semplice: estrai la pianta e la collochi in un vaso più grande. Dovrai soltanto fare attenzione a non danneggiare le radici.

Un altro accorgimento riguarda la temperatura. La palma areca, infatti, ben tollera le temperature comprese tra 20 e 25 gradi. La posizione deve essere al sole indiretto. Gli sbalzi termici dovrebbero essere evitati. La concimazione la devi fare dalla primavera all’estate, periodo in cui andrà annaffiata spesso.


martedì 25 ottobre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : SPATIFILLO CON PUNTE SECCHE

 


Lo spathiphyllum (dal greco spathe, spada e phyllon, foglia), questo il suo nome scientifico, è una pianta perenne, di natura erbacea che ha le sue origini nelle zone tropicali. Il  genere a cui appartiene è quello delle Spathiphylleae; la famiglia, invece, è quella delle Araceae. A contraddistinguere la pianta, l’assenza di fusto, con foglie che spuntano da un rizoma sotterraneo direttamente. Le foglie sono verdi, lunghe e lucide ma anche lanceolate.

I fiori, invece, sono denominati spata e sono composti da una brattea ovvero una foglia bianca modificata. Questa foglia bianca abbraccia una pannocchia gialla. Prima di appassire, dopo parecchie settimane, i fiori diventano verdi completamente.

È proprio dai fiori e dalla loro forma, che deriva il soprannome dello spatifillo cioè pianta cucchiaio. Lo spatifillo, nel linguaggio dei fiori assume il significato di: “io ti difenderò”. Significato da rintracciare proprio nella forma delle foglie che proteggono le infiorescenze. Queste ultime spaziano dal bianco al giallo, passando per il verde chiaro. Proprio per la sua forma elegante e sofisticata, lo spatifillo è entrato di diritto nelle nostre case. E non solo. Uno studio della NASA ha, infatti, messo in luce che lo Spathipyllum può purificare l’aria eliminando formaldeide e benzene.

Anche se è piuttosto facile da coltivare, bisogna evidenziare che anche lo spatifillo può incorrere in alcune problematicheLa prima riguarda le punte secche delle sue belle foglie verdi. Di seguito, vedremo perché accade e come porvi rimedio. Le cause del perché le punte delle foglie dello spatifillo seccano possono essere rintracciate in diverse cause. Quella principale, però, è la disidratazione periferica. Cosa significa? Significa che la pianta è in stress idrico ovvero è incapace di assorbire l’acqua nei suoi tessuti. Per questo, le foglie che traspirando disperdono l’acqua, non riescono a reidratarsi e le punte seccano. A cosa è dovuto questo fenomeno? I fattori che possono incentivarlo sono tanti:

  • In primis l’aria secca
  • troppo caldo
  • annaffiature non sufficienti
  • radice o rizoma danneggiato.

Approfondiamo ognuna di queste cause.

Lo spatifillo è una pianta di origine tropicale che vive in un ambiente umido per il 70/80%. Se l’aria è troppo secca, le foglie della pianta si seccano poiché essa disperde l’acqua contenuta in essere più rapidamente di quanta ne assorba. La giusta quantità di umidità può regolarizzare l’apertura stomatica. Di conseguenza, quando l’aria è troppo secca essi si chiudono. Proprio per la sua natura tropicale, sarebbe bene che l’umidità non scendesse mai al di sotto del 50%. Come rendere l’ambiente più umido? Vaporizzando le foglie quando fa molto caldo o ponendo vicino la pianta una ciotolina ricolma d’acqua.

Anche se lo spatifillo può vivere anche a temperature massime di 35/37 gradi, se al caldo viene associata luce eccessiva ed umidità scarsa, la pianta può andare in stress idrico. Anche in questo caso, la pianta disperde più acqua di quella che riesce ad immagazzinare. Ciò può succedere non solo in estate ma anche quando accendi ad una temperatura troppo elevata e costante i caloriferi.

Per ovviare alle foglie secche dovute al calore eccessivo, ricorda di tenere lo spatifillo ad una temperatura compresa tra i 20 e i 27 gradi. Prediligi le annaffiature mattutine e le vaporizzazioni sulle foglie.

Se le annaffiature sono insufficienti lo si capisce subito poiché lo spatifillo ha le foglie flosce. Non appena lo bagnerai vedrai che le foglie si riprenderanno. Se si tratta di un fenomeno che succede spesso, la pianta potrebbe soffrirne e stressarsi. Per questo motivo, le punte si seccheranno. Anche i fiori potrebbero soffrirne. Con delle annaffiature insufficienti, inoltre, potrebbero seccare anche le radici che, di conseguenza, non assorbirebbero acqua a sufficienza.

Per ovviare ad annaffiature insufficienti ricordati di guardare il terreno prima di dare acqua alla tua pianta. Quando non è completamente secco ma nemmeno umido, procedi a bagnare la tua pianta. L’acqua è importantissima soprattutto quando fa molto caldo.

Se le radici dello Spatifillo sono danneggiate, non possono assorbire l’acqua e i nutrienti per questo le punte delle foglie si seccano. Il motivo per cui le radici si seccano può essere la carenza di acqua. Un’altra ipotesi è caratterizzata anche dai ristagni di acqua che potrebbero condurre la pianta a marcire. Non solo le radici ma anche il rizoma potrebbe soffrirne. In casi estremi, le radici marce vanno rimosse e messe in un nuovo vaso.


lunedì 24 ottobre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : HABERLEA O PIANTA DELLA RESURREZIONE

 


Il genere Haberlea, comprende 2 specie di piante erbacee perenni della famiglia delle Gesneriaceae, originarie della Bulgaria, della Grecia, dove crescono all’ombra tra crepacci e lungo i pendii calcarei a un’altitudine di 600-1700 m.

Le Haberlea sono piante perenni sempreverdi, che in pieno vigore vegetativo, 2-5 anni, formano folti cespugli fogliosi verdeggianti alti 30 cm e larghi 25 cm.

Le foglie, lunghe 2 – 5 cm, hanno consistenza carnosa, forma spatolata ovata, margini seghettati o smerlati, pagina inferiore ricoperta da una folta e sottile peluria. Le foglie sono disposte a formare una grande rosetta basale a livello del terreno e, raramente hanno brevi peduncoli verdi, più o meno pelosi.

fiori sono zigomorfi  e raggruppati da 2 a 8, in infiorescenze portate da lunghi steli che compaiono solitamente tra le ascelle fogliari. Hanno un calice verde formato dalla fusione di sepali diseguali, lanceolati e pelosi. La corolla, a tromba o campanulata  ,bianca o viola, è composta da un labbro superiore diviso in 2 lobi e da uno inferiore a 3 lobi. All’imboccatura della gola  sono presenti macchie gialle e all’interno del tubo, non visibili all’esterno, ci sono 5 stami.

I fiori vengono impollinati da vari tipi di insetti in particolar modo dai Sirfidi ( mosche) e raramente dalle api.

frutti sono capsule deiscenti contenenti numerosi semi.

semi sono piccolissimi, leggerissimi quasi polverosi e molto fertili. Le piante di Haberlea fioriscono in tarda primavera, solitamente da maggio fino all’inizio dell’estate se il clima è fresco.

Sono piante che crescono bene in una posizione ombreggiata. Temono il caldo e i raggi dirtti del sole. Marciscono se il clima è eccessivamente umido e le piogge abbondanti ed incessanti. Nel periodo invernale vanno in dormienza ma sopravvivono senza problemi a temperature comprese tra -15 e -9 gradi. Amano il terreno alcalino mescolato a terriccio di foglie,  ricco di sostanza organica, umido ma ben drenato. Le piante necessitano di pochissima acqua. Vanno irrigate solo nei periodi di prolungata siccità e facendo attenzione a non far ristagnare l’acqua al centro della rosetta di foglie. L’acqua di ristagno specialmente in inverno,  provoca la putrefazione delle foglie. Si concimano all’atto dell’impianto, con una somministrazione di concime organico e poi, in autunno e in primavera, con un fertilizzante minerale completo a lento rilascio. 

Sono piante adatte ad abbellire i balconi ombreggiati e quindi si possono anche coltivare in vaso purchè dalle dimensioni adeguate, ben drenati sul fondo e riempiti con un terriccio di foglie, torba e sabbia in parti uguali. Si effettua quando le radici escono dai fori del drenaggio. Si utilizza un vaso più grande del precedente e nuovo terriccio ricco di sostanza organica. La riproduzione delle piante avviene per seme e nuovi esemplari si ottengono molto più velocemente per via vegetativa mediante talea di foglia o divisione dei cespi. Nuove piantine di Haberlea si possono ottenere con successo come si fa con la violetta africana mediante talee di foglia.

In estate, tra giugno e luglio, si staccano dalla pianta madre alcune foglie, le più sane e vigorose, e si piantano per un terzo della loro lunghezza in un miscuglio di sabbia e torba in parti uguali. Il vassoio con le talee va collocato in un luogo freddo ma ombreggiato fino a radicazione. In marzo, le talee che hanno attecchito si trapiantano in vasi da 8 cm riempiti con una composta di terriccio da giardino, torba e sabbia, in parti uguali, e a settembre si mettono poi a dimora con molta delicatezza per non danneggiare le fragili radici.

Esemplari di Haberlea giù sviluppati si possono ottenere praticando la divisione dei cespi subito dopo la fioritura.

Si estrae dal terreno il cespo che ha emesso rosette laterali e lo si divide in più parti con radici ben sviluppate. Le piante divise si trapiantano immediatamente in buche ben drenate aventi dimensioni adeguate alla grandezze e alla lunghezza dell’apparato radicale. Dopo l’impianto si bagna il terreno per favorire l’acclimatamento delle radici. Le piante di Haberlea non si potano ma vanno solo ripulite dalle foglie marce e dai fiori appassiti. Le piante di Haberlea soffrono gli attacchi delle lumache, ghiotte delle foglie e dei fiori. Le foglie marciscono se l’acqua ristagna a lungo nella rosetta di foglie. Sono piante che vanno solo protette dalle lumache che possono essere tenute lontano con trappole di birra oppure spargendo sul terreno della cenere di legna. Non necessita di trattamenti fitosanitari.

Il genere comprende due specie che differiscono tra loro per dimensione e colore dei fiori.

Haberlea rhodopensis

La Haberlea rhodopensis è una pianta della famiglia delle Gesneriaceae endemica in tracia e Grecia. E’ alta 8-10 cm e larga non più di di 15-25 cm.  Ha foglie persistenti di color verde scuro anche quando in inverno va a riposo.  In primavera produce fiori a forma di tromba  di colore rosa pallido o viola scuro. Tollera abbastanza bene il freddo e sopravvive anche alle basse temperature invernali.

Haberlea ferdinandi-coburgii

La Haberlea ferdinandi-coburgii  è una pianta perenne sempreverde, originaria dei Balcani, alta fino a 15 cm e larga 15-25 cm. In pieno vigore vegetativo forma un cespuglietto composto da una rosetta di foglie obovate, con margini smerlati, spesse e di colore verde scuro. In primavera, verso maggio, su fusti lunghi produce fiori, lilla-porpora, con lobi sfrangiati, riuniti in numero di 3-4 su fusti lunghi 10-15 cm. E’ resistente al freddo e a lunghi periodi di siccità.

Entrambe le specie di Haberlea sono piante ornamentali di facile coltivazione i vaso, nei giardini rocciosi, in quelli di montagna o alpini, perfette per ricoprire le fessure dei muri e dei lastricati.

Le piante di Haberlea vengono sfruttate anche per la produzione di un siero antiage elasticizzante che riduce visibilmente le rughe del viso, del collo e décolleté. Il genere Haberlea è dedicato al botanico e meteorologo tedesco Karl Konstantin Haberle (1764-1832). Il nome specifico rhodopensis è riferito al luogo di maggiore diffusione ovvero ai Monti Rodopi situati al confine tra Grecia e Bulgaria.

Questa specie di pianta rustica, perenne e sempreverde è stata insignita del prestigioso premio al merito dalla Royal Horticultural Society.
La Haberlea viene comunemente chiamata “pianta di resurrezione” in quanto capace di rivegetare anche dopo lunghi periodi di siccità anche se le foglie perdono fino al 90% di acqua.

domenica 23 ottobre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : LA PIANTA EMANA CATTIVI ODORI COME FARE?

 


Spesso un ambiente privo di un elemento verde può risultare freddo e poco naturale. Per questo motivo, dunque, le piante entrano nelle nostre case per offrirci un senso di naturale pienezza e completezza con la loro bellezza. Per non parlare, poi, del profumo che possono emanare, soprattutto se prevedono una fioritura stagionale. Stabilito questo, però, è sempre bene ricordare che far entrare una o più piante nella propria vita e tra le mura di un salotto, ad esempio, richiede un certo impegno. Non si tratta, infatti, di semplici complementi di arredo ma di vegetali che, per crescere e prosperare nel migliore dei modi, richiedono le giuste cure e, soprattutto, un’attenzione sempre attenta ad eventuali variazioni.

Per questo motivo, dunque, si consiglia di osservare con attenzione eventuali ingiallimenti di foglie, presenze di macchie e eventuali indebolimento dello stelo. Tra i tanti disturbi di cui una pianta può soffrire e di cui tener conto senza troppi indugi, c’è anche l’emanazione di cattivo odore. Questa possibilità abbinata ad una creatura nata per spandere profumi naturali può sembrare una vera contraddizione in termini, ma il problema si può presentare più spesso di quanto non si possa pensare. Cosa fare, però, nel caso in cui si ci trovi di fronte a questa evenienza? Come ristabilire l’equilibrio evidentemente manomesso? Vediamo insieme quali sono le cause alla base dell’emanazione di cattivi odori da parte della propria pianta e, soprattutto, i rimedi e le attività di prevenzione.

1. Pianta emana cattivi odori: poco ossigeno

Iniziamo con il precisare che, nella maggior parte dei casi, quando la propria pianta emana cattivi odori bisogna andare a ricercare la causa sempre nel terriccio. In questo caso prendiamo in considerazione l’eventualità che questo sia scarsamente ossigenato. Ma cosa vuol dire nello specifico? In sostanza significa che la nostra preziosa pianta non riesce a respirare o, meglio, inspira ma non espira.

Si tratta di un fenomeno tipico nel caso in cui, ad esempio, le radici siano troppo bloccate e non riescano a rilasciare nulla nel terreno. Oltre a questo, poi, avranno anche difficoltà ad assorbire la parte acquosa. Ma quali sono le cause alla base di questa condizione? Sicuramente uno dei nemici più grandi è il muschio. Questo, infatti, consuma proprio tutto l’ossigeno a disposizione. Oltre a questo, però, bisogna porre molta attenzione anche al così detto terreno compatto e a quello zuppo. Nel primo caso l’eccessiva compattezza crea un ambiente troppo chiuso e privo di ossigeno proprio introno alle radici. Qui, però, possono continuare a vivere dei batteri in grado di attaccarle. Per quanto riguarda il terreno zuppo, invece, ci si trova di fronte ad un problema di drenaggio. L’acqua stagna troppo e crea una barriera per l’ossigeno che, anche in questo caso, non riesce a raggiungere le radici. I rimedi per questi problemi presentati dal terreno sono piuttosto semplici.

Per quanto riguarda il muschio, ad esempio, è sufficiente rimuoverlo e prestare attenzione che non si ripresenti. La compattezza, invece, può essere modificata aggiungendo altri elementi come sabbia, perlite e nutritivi. Infine, il ristagno può essere tranquillamente evitato assicurandosi che i fori di drenaggio alla base del vaso siano sempre liberi e facendo asciugare il terriccio.

Pianta emana cattivi odori: infestazione

Un altro problema alla base della produzione di cattivi odori da parte della propria pianta è l’infestazione. Anche in questo caso l’attenzione deve essere rivolta al terriccio, che viene attaccato da questo problema. Ma andiamo a vedere più nello specifico di cosa si tratta. Prima di tutto cerchiamo di capire quali sono i segni tangibili si una infestazione in corso del terrenoCi si deve iniziare a preoccupare, ad esempio, quando le foglie iniziano ad ingiallire e la pianta appassisce nonostante ci sia un’innaffiatura costante. Se poi si avverte un inconfondibile odore di marcio ed anche le radici risultano piuttosto molle, allora è assolutamente chiaro che ci si trova di fronte ad una infezione funghina.

Questa può essere causata soprattutto da un uso eccesivo di acqua. Un’irrigazione eccessiva, infatti, crea la situazione ideale per far in modo che i funghi e batteri attacchino il terreno, privandolo di tutto l’ossigeno che dovrebbe essere destinato alle radici. Si tratta, dunque, di un problema piuttosto grave per la salute della propria pianta, che sta rischiando seriamente la sua sopravvivenza.

Per questo motivo si consiglia di agire tempestivamente rimuovendo le radici malate con delle forbici disinfettate. Dopo aver fatto questo, poi, è necessario trattare quelle sane con un’azione fungicida per evitare eventuali ritorni. L’intervento immediato, però, deve riguardare anche il terriccio e il vaso. Nello specifico vuol dire che il primo deve essere gettato via e sostituito, visto la contaminazione, mentre il secondo esige un lavaggio con acqua e candeggina per poi farlo asciugare al sole.

Pianta emana cattivi odori: fertilizzante

Un’altra causa del cattivo odore emesso da una pianta può essere anche l’utilizzo di un fertilizzante organico. In questo caso a fare la differenza sono proprio gli elementi che lo compongono e che, decomponendosi, possono essere il motivo di questo fastidioso disturbo.

Il lato positivo, però, è che non si tratta di un problema che mina la salute della pianta. Questo vuol dire, in sostanza, che può essere facilmente risolto evitando di utilizzare dei fertilizzanti a base di ammoniaca e, soprattutto, di allungare i tempi in cui si provvede a concimare la propria pianta. Un’ulteriore consiglio valido, poi, potrebbe essere quello di cambiare il terreno a favore di uno nuovo e intatto.