VERDE TIME

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venerdì 30 settembre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : UVA URSINA

 



L’uva ursina è una bellissima pianta rustica usata a scopo ornamentale per abbellire giardini rocciosi e a scopo fitoterapico per la cura di infezioni a carico del nostro organismo.

L’uva ursina, Arctostaphylos uva-ursi, è una pianta sempreverde della famiglia delle Ericaceae, originaria del nord America ma è diffusa in Asia, nel nord Europa. In Italia cresce spontanea nelle regioni centro-settentrionali fino alla Campania.

Si tratta di una pianta a sviluppo arbustivo di piccola taglia che generalmente non supera i 50 cm di altezza.

La parte aerea è formata da numerosi  fusti sottili ricoperti da una corteccia rossastra. Le foglie, spatolate e alterne, sono di colore di colore verde scuro sulla pagina superiore e di colore leggermente bronzeo in quella inferiore. Sono coriacee e inserite in maniera alterna sui rami. In inverno il colore delle foglie vira al giallo ocra, al bronzo o al rosso porpora. I fiori sono riuniti in  piccoli racemi pendenti verso il basso posti al termine dei rametti. Il calice è diviso in 5 lobi sub-triangolari. La corolla, tubulare e rigonfia come un orcio, si divide alla fauce in 5 piccoli lobi ripiegati verso l’esterno.  I fiori sono bianco-rosati e molto simili a quelli del corbezzolo.

frutti dell’uva ursina sono bacche sferiche di colore rosso brillante, contenenti una polpa acida e farinosa. Le bacche da rosse virano al marrone scuro a maturazione completa.

semi sono reniformi e duri. La pianta di Uva ursina fiorisce in primavera, da maggio fino a giugno. L’Uva ursina è una pianta che predilige i luoghi luminosi e soleggiati ma nei luoghi troppo caldi è meglio metterla a dimora in luoghi semiombreggiati. Tollera il freddo dell’inverno ma non sopporta il caldo. Ama i terreni rocciosi, ricchi di sostanza organica, ben drenati e a pH acido. L’Uva ursina allevata nei terreni calcarei è soggetta alla clorosi fogliare e in questo caso la fotosintesi rallenta e la pianta dissecca completamente. La pianta di Uva ursina coltivata in piena terra generalmente si accontenta delle piogge e va annaffiata solo nei periodi di prolungata siccità mentre quella allevata in vaso necessita di apporti idrici,  generalmente  2 – 3 bicchieri di acqua, ogni 15 giorni, solo se il terreno è completamente asciutto. Quando la pianta entra in riposo vegetativo le annaffiature vanno sospese del tutto. In autunno, distribuire alla base del cespo del concime granulare a lenta cessione. In inverno sospendere le concimazioni. La pianta si riproduce per seme e per talea in primavera. La semina si effettua interrando i semi contenuti nelle bacche in terriccio specifico mantenuto umido. Per favorire la germinazione si consiglia di sfregare i semi con carta vetrata e di metterli poi a macero in acqua tiepida per almeno 12 ore, chiusi in un thermos.

Per ottenere piante fruttifere fin da subito si pratica la talea.  Con cesoie ben affilate e disinfettate si prelevano le parti apicali dei rametti più giovani lunghe circa 10 – 15 cm. le talee si mettono a radicare in un miscuglio di torba e sabbia in parti uguali.

Le nuove piante, ricavate mediante la moltiplicazione per seme o per talea, prima di essere collocate a dimora definitiva, si coltivano in vaso per almeno 2 anni, al riparo dal sole, in una zona a mezz’ombra. La messa a dimora delle piante di Uva ursina si effettua in primavera nelle regioni con clima invernale rigido e in autunno .in quelle dove il clima è più mite.

Le piante vanno impiantate con tutto il pane di terra che avvolge le radici. Il terriccio usato per il rinvaso deve essere specifico per piante acidofile. 

Gli esemplari coltivati a dimora non vanno potati mentre quelli allevati in vaso richiedono potature di contenimento, generalmente si recidono alla base i rami più vecchi e quelli danneggiati. Questa splendida pianta fruttifera può essere coltivata anche come ornamentale sui balconi, terrazzi o nei cortili della propria casa. Occorre procurarsi un vaso  di circa 60/80 cm di diametro e 60 cm di profondità, del terriccio universale mescolato a concime organico e anche a una dose di pomice in granuli per rendere il terreno più leggero e drenante. Dopo l’impianto la pianta va posta in un luogo luminoso e innaffiata regolarmente quando il terreno è asciutto senza esagerare.  Per ottenere fiori e frutti in abbondanza, ogni 2 anni, a fine inverno va potata  mantenendo sulla pianta solo pochi rami che partono dal tronco principale. La pianta allevata in vaso va trasferita, ogni 3 anni, in un contenitore più grande del precedente. con tutto il pane di terra che avvolge le delicate radici.

Per scopi salutistici vengono utilizzate le foglie che si possono raccogliere in tutto l’arco dell’anno. Si tratta di una pianta rustica che non viene attaccata dagli afidi, dalla cocciniglia o da altri parassiti animali. Tra le malattie fungine, l’uva ursina soffre il marciume delle radici se il terreno di coltura non è bene drenato.

L’unico nemico della pianta di uva ursina è l’oziorrinco un insetto ghiotto delle sue foglie coriacee.

La pianta di uva ursina non richiede molta manutenzione.

Le infestazioni da larve di Oziorrinco si combattono, nel periodo che va da giugno a ottobre, sistemando alla base della pianta un disinfestante specifico per il terreno.

Gli  esemplari adulti, resistenti ai pesticidi e presenti sulla pianta solo di notte, vanno eliminati  manualmente scuotendo la pianta la sera tardi. In alternativa si può bloccare il passaggio dei parassiti dal terreno alla chioma, sistemando sul tronco della carta adesiva.

Le piante di Uva ursina è apprezzata come  ornamentale di copertura di giardini rocciosi e costieri. Sono ideali per il consolidamento di pendii franosi, perfette intorno agli alberi e come ricadenti su  pareti e muri rocciosi.

L’uva ursina viene largamente utilizzata per scopi terapeutici sotto forma di infuso, decotto e  macerato freddo per combattere le infezioni dell’apparato urinario, specialmente la cistite.

Nei paesi anglofoni l’uva ursina è nota come bearberry. L’uva ursina non è velenosa ma se assunta a dosi eccessive può causare nausea, vomito, irritazione gastrica data la percentuale elevata di tannini e di idrochinone sostanze irritanti ed epatotossiche, contenute nelle foglie. Le bacche invece non sono tossiche, ma vista l’estrema acidità risultano sgradevoli da mangiare o trasformare. Il nome uva ursina deriva dal latino uva ursi, poiché gli orsi sono ghiotti dei suoi frutti.

giovedì 29 settembre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : PIANTE GRASSE DISIDRATATE COME RIANIMARLE (TRUCCHI)

 



Per quanto, infatti, questo tipo di piante possono mostrare una resistenza superiore al normale e a non risentire troppo di sbalzi di temperatura o assenza di irrigazione, possono presentare dei problemi cui è necessario trovare una soluzione nel più breve tempo possibile. Uno di questi, ad esempio, è la disidratazione. Vediamo insieme alcuni trucchi per rianimare le nostre piante grasse preferite.

Prima di trovare la soluzione migliore per far fronte a questo problema, però, è necessario comprendere se affligge effettivamente la propria pianta o se si tratta di ben altro. Per arrivare alla giusta diagnosi è sufficiente   osservare con molta attenzione le foglie, soprattutto quelle inferiori e alla sommità. Nel corso del suo sviluppo, infatti, la pianta è fisiologicamente destinata a perdere del fogliame vecchio per far spazio a quello nuovo. il normale processo di rinnovamento, però, riguarda nello specifico quello posto in basso.

Queste, infatti, una volta seccate, possono essere delicatamente rimosse per far spazio alle altre. Nel caso in cui, però, la stessa situazione si presenta alla sommità della pianta, allora è il momento d’intervenire in modo chiaro e diretto. Un segno inequivocabile della disidratazione è la presenza di grinze e pieghe sulla superficie del fogliame, cui segue anche un appiattimento dello spessore. Se, dunque, osservando i vasi con la composizione delle vostre piante grasse individuate questi segni particolari, vuol dire che vi trovate effettivamente di fronte ad un problema da dover risolvere.

Ho già sfatato la credenza inesatta che una pianta grassa possa vivere e proliferare senza nessun tipo di cura. Ora, però, è necessario fare un altro passo avanti nella loro conoscenza e comprendere che non tutte le tipologie hanno le stesse caratteristiche e le medesime necessità. Iniziamo con il dire che gran parte delle specie sono capaci di trattenere al loro interno l’umidità e, quindi, resistere a dei periodi di lunga siccità senza mostrare apparenti segnali di sofferenza. Questo, però, non vale per tutte le piante grasse.

In sostanza, dunque, è bene fare molta attenzione nel momento dell’acquisto, considerando delle variabili importanti come il clima con cui dovranno confrontarsi, l’esposizione, nel caso in cui vengano piantate a terra e, soprattutto il tempo e la cura che si vuole dedicare loro. Tutto questo serve per abbinare alla perfezione la giusta pianta grassa al perfetto habitat. Non tutti sanno, infatti, che alcune richiedono una coltivazione esclusivamente indoor, con una esposizione limitata ai raggi del sole più aggressivi.

Per evitare che una pianta soffra le temperature più alte fino a disidratarsi si deve inevitabilmente porre molta attenzione ad una irrigazione costante. Questo è un principio valido per la salute di qualunque giardino o per le composizioni con cui abbellire gli interni della propria abitazione. Per quanto riguarda le piante grasse, però, si tratta di un argomento molto particolare e da considerare con attenzione. In effetti, per molte tipologie di succulente, è sufficiente anche una goccia in più per indurla a marcire. Come utilizzare, dunque, l’acqua per evitare o curare la disidratazione senza rischiare la morte della propria pianta? Il segreto risiede, molto semplicemente, in una innaffiatura diversa a seconda della stagione che si affronta. Per quanto riguarda l’autunno e l’inverno, sono due momenti che vengono definiti di risposo. Questo vuol dire che il pericolo di disidratazione è praticamente nullo.

La pianta grassa, infatti, se arrivata sana a questo periodo dell’anno, può tranquillamente sopravvivere con un’irrigazione  rara e leggera. Non essendo esposta a caldo e umidità, può ricorrere alle scorte accumulate all’interno delle sacche spugnose del fogliame. Per questo motivo, dunque, si consiglia di testare l’umidità del terriccio prima di aggiungere nuova acqua e rischiare di marcire le radici.

Diverso è il discorso per quanto riguarda la primavera ed estate. Questi, infatti, sono i mesi dedicati alla crescita e allo sviluppo. Per questo motivo, per resistere ad una esposizione al sole e alla luce sempre più costante, è importante innaffiare con maggior regolarità. Anche in questo caso, però, prima di procedere si consiglia sempre di testare l’effettiva umidità del terreno. Nel caso sia ancora bagnato si è bene aspettare un giorno per aggiungere acqua.

mercoledì 28 settembre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : PEPERONCINO MEDUSA

 



Il peperoncino Medusa è una cultivar della specie delle Capsicum annuum, ossia la tipologia di peperoncini più comune. Una specie ornamentale, a seconda delle condizioni di crescita e coltivazione, si sviluppa sotto forma di cespuglio dalle dimensioni variabili. Dai 10 cm circa delle piante in vaso ai 25 cm di quelle tenute in pieno terreno o in aiuola. Ma perché si chiama così?

Da cosa deriva il suo nome? Per questa e altre curiosità e, soprattutto, per capire come coltivarlo in casa, ecco la nostra breve guida. Troverete le risposte alle domande più comuni quando si cerca di capire come prendersi correttamente cura di una pianta: terreno ideale, quando piantarla e come, quali parassiti e malattie possono minacciarla e come tenerli alla larga. Essendo, poi, finalmente arrivata la primavera, questo è proprio il momento adatto per mettere alla prova il proprio pollice verde, e scoprire una nuova pianta a cui dedicarsi.

Il nome Medusa scelto per questa pianta è bizzarro ma, conoscendone l’origine, piuttosto appropriato. Potrebbe ricordare i tentacoli della medusa marina, a guardare come si sviluppano i suoi frutti. In realtà l’etimologia del suo nome ha ben altre radici: ispirata alla temibile Medusa della mitologia greca, i grappoli di questa pianta ne ricordano i capelli. Invece dei serpenti che la Gorgone aveva come chioma, produce peperoncini che si sviluppano con la punta verso l’alto, proprio come un rettile guizzante.

Sono lunghi intorno ai 5 cm, piuttosto sottili e, appena nati, si presentano di color avorio. Sulla scala Scoville, che misura la piccantezza di questi frutti in base alla capseicina in essi contenuta, il peperoncino Medusa ha un punteggio basso, non superando i 2.500. Le specie con questa caratteristica, perciò, daranno frutti poco piccanti, perfetti anche per chi non è particolarmente amante del loro gusto. Procedendo a una coltivazione in vaso, vi segnaliamo che questa pianta ama un terreno ricco con un buon substrato organico. Attenzione a evitare terreni scarsamente drenanti: si corre il rischio, con i ristagni d’acqua, di compromettere lo sviluppo delle radici, che rischiano di marcire. Va annaffiata spesso specialmente in estate, periodo in cui fiorisce e dona i suoi peperoncini.

frutti cambiano colore durante le fasi di maturazione: passano dal beige iniziale, al verde, al giallo brillante al rosso intenso, una volta completamente maturi. Durante le varie fasi, i peperoncini saranno pronti in tempi diversi, quindi godrete di una bella tavolozza cromatica, decisamente ornamentale. La manutenzione è estremamente semplice: ricordatevi di eliminare foglie e steli una volta secchi. Ho già sottolineato l’importanza della corretta irrigazione di questa piante: frequente e regolare, soprattutto durante la stagione estiva. Il peperoncino Medusa necessità di abbastanza acqua e, preferibilmente, anche di un pò di concime. Per procedere, la primavera è il periodo giusto per cominciare a somministrarne un po’ alle piante, diluito con l’acqua. Andando verso l’estate, potrete anche aumentare la frequenza. Sempre tenere sotto controllo l’umidità del terreno: mai troppa, per evitare ristagni. Con il terreno asciutto si capisce che la pianta può essere annaffiata di nuovo. Il peperoncino Medusa preferisce il caldo, quindi tenerlo al riparo durante i mesi freddi: anche con le temperature alte, però, occorre prestare attenzione. Durante le ore più calde del giorno, in estate, assicuratevi che le piante non prendano troppa luce o rischieranno di bruciarsi. Il peperoncino Medusa è soggetto ai parassiti più comuni con cui si ha a che fare anche relativamente ad altre piante: acari, lepidotteri, mosca bianca per citarne qualcuno. Importante prevenire questi problemi con sostanze specifiche, meglio se organiche e bio, frizionando le piante con oli o spray.

Per capire lo stato di salute della vostra pianta di peperoncino Medusa, dovrete prestare attenzione allo stato e al colore delle foglie. Le foglie accartocciate e scottate indicano che il terreno è secco, che l’idratazione non è adatta o che le stesse sono troppo esposte ai raggi solari.

In presenza, invece, di foglie gialle, l’illuminazione è scarsa e non sufficiente; se dovessero presentarsi sbiadite però potrebbe dipendere da un terreno povero di sostanze nutritive e minerali. I peperoncini di questa pianta sono commestibili, oltre che ornamentali. Non presentando un punteggio alto sulla scala Scoville, non risultano particolarmente piccanti, anzi. Ben tollerati anche da chi non ama particolarmente questo genere di sapore, sono ideali da consumare anche crudi nelle insalate, oltre che cotti. Possono essere lasciati seccare al sole, una volta raccolti, lavati e correttamente asciugati, in un luogo ben illuminato e non umido.

Questo peperoncino può essere consumato crudo o cotto, oppure lasciato essiccare. Una volta completamente secco, se triturato finemente in polvere, vi farà ottenere una spezia gradevole e non troppo piccante, adatta anche ai non amanti di questo sapore. Le trecce di peperoncini, come il frutto in sé, sono simbolo di buona fortuna: in molte tradizioni, soprattutto nella cultura napoletana, il peperoncino, sotto forma di cornetto, è un potente messaggio beneaugurante e terrebbe via la cattiva sorte.Tentar non nuoce!


martedì 27 settembre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : ALBERO DELLE FARFALLE BUDDLEJA

 



L’Albero delle farfalle è il nome comune di una delle piante appartenenti al genere delle Buddleja, una varietà  di piante dal design decorativo ed elegante che abbellisce e attrae le farfalle con la sua splendida fioritura. L’Albero delle farfalle originario dell’Asia e del sud Africa, appartenente al vasto genere delle Buddleja, (o Scrophulariaceae nella classificazione APG II) è una pianta ornamentale a uno sviluppo arbustivo che coltivato come albero raggiunge altezze anche superiori ai 3 metri.

Gli arbusti sono costituiti da lunghi steli leggermente ricadenti ricoperti da foglie lanceolate di colore verde scuro sulla pagina superiore e bianco-grigio su quella inferiore.

fiori che spuntano sugli steli sono vistose infiorescenze a spighe, simili ai lillà, composte da numerosi fiorellini tubolari viola, bianchi o rossi che diffondono nell’aria un profumo simile al miele che attira farfalle di tutte le specie.

Il frutto è una capsula biloculare contenente piccolissimi  semi.

semi sono leggerissimi e una volta liberati dalle capsule mature vengono disseminati a notevoli distanza ad opera del vento (disseminazione anemocora).

Le buddleja fioriscono copiosamente dall’inizio dell’estate (giugno) ad ottobre inoltrato. La buddleja è una pianta che ama i luoghi molto luminosi e riparati dal vento; per la sua rusticità tollera anche il clima freddo e secco, ma non resiste a temperature sotto i -15 °C, -20 ° C. Pur adattandosi al comune terreno da giardino predilige quello sciolto, fertile, ricco di materia organica e ben drenato. Sono piante che si accontentano delle piogge ma in periodi di prolungata siccità e di gran caldo vanno annaffiate quando il terreno è completamente asciutto.

A fine inverno interrare ai piedi dell’albero una buona dose di stallatico maturo oppure somministrare del concime granulare a lenta cessione. In primavera per favorire la fioritura e l’emissione di nuovi germogli somministrare mensilmente del concime ricco in azoto e potassio, diluito all’acqua delle annaffiature.

Questa splendida pianta tropicale famosa in tutto il mondo per la sua eleganza e la spettacolare fioritura è facilmente coltivabile anche in vaso.

E’ sufficiente utilizzare un vaso  adatto alle dimensioni della pianta, dal diametro di almeno 50 cm, terriccio mescolato a un po’ di sabbia e a concime organico granulare o  compost. Dopo aver piantato la La Buddleja al centro del vaso , si colmano tutti vuoti con l’aggiunta di altro terriccio lasciando libero il colletto. Il terreno va compresso ben bene e poi bagnato abbondantemente e successivamente al bisogno. La pianta va posta in una zona del balcone o del terrazzo soleggiata per molte ore del giorno ben riparata dal vento. In inverno, se il clima è molto rigido,conviene spostarla sotto una tettoia o in serra fredda. Va fatto all’inizio della primavera quando le radici della Buddleja escono dai fori del drenaggio dell’acqua delle annaffiature, utilizzando un vaso più grande e nuovo terriccio fresco e ricco di sostanza organica.

Le buddleja si propagano per seme o per talea di fusti semilegnosi in autunno oppure anche per  margotta e propaggine all’inizio dell’estate.La semina si effettua a fine inverno, in letto caldo. I semi  germinano entro un mese. Le nuove piantine vanno poi allevate in singoli contenitori fino alla primavera successiva e durante questo periodo vanno cimate spesso per favorire l’incespimento. Per via vegetativa invece si possono possono ottenere nuove piante di Buddleja mettendo a radicare in un terriccio molto fertile delle talee erbacee o legnose prelevate dai rami sani e vigorosi. La radicazione avviene generalmente in due mesi. Possono poi essere trapiantate in contenitori più grandi.

La Buddleja  come detto precedentemente fiorisce tra giugno e settembre quindi va messa a dimora durante l’inverno, in una buca ben drenata sul fondo avente dimensioni di poco più grandi del pane di terra che avvolge l’apparato radicale della pianta. Per favorire la fioritura e per avere un arbusto bello e compatto la potatura va effettuata ogni anno. Si accorciano, fino a 50 cm dal terreno, i rami laterali più grandi e vecchi; si eliminano anche alcuni rami centrali più fitti in modo da consentire uno sviluppo più armonioso della chioma della pianta. La potatura va fatta utilizzando cesoie ben affilate e disinfettate. L’albero delle farfalle teme lo sviluppo di malattie fungine causate dal clima particolarmente umido e piovoso.

Tra i parassiti animali soffre l’attacco di afidi e cocciniglie.

In inverno gli arbusti di Buddleja vanno protetti alla base  con una leggera pacciamatura di paglia o foglie secche. A fine inverno, a scopo preventivo,  trattare le piante con prodotti antiparassitari e antifungini ad ampio spettro per contrastare le malattie fungine e gli attacchi  dei parassiti animali. Per la difesa biologica sono ottimi: il macerato d’ortica, l’olio di neem, soluzioni con sapone di Marsiglia. Praticare i trattamenti quando nel giardino non sono presenti fioriture e insetti impollinatori.

Esistono molte specie di Buddleja che differiscono per portamento, dimensioni, colore dei fiori e resistenza al freddo.  Tra le  citiamo le specie più apprezzate e diffuse a scopo ornamentale.

La Buddleja davidii è la specie più diffusa e largamente coltivata anche in Italia. Si tratta di una pianta arbustiva alta circa 5 metri con chioma tondeggiante. I rami sono rami semilegnosi,  leggermente arcuati e ricoperti da con foglie lanceolate con lamine superiori di colore verde e lamine inferiori grigiastre. In tarda estate, da agosto a settembre, produce fiori, ermafroditi delicatamente profumati di miele, di colore azzurro lilla che attirano farfalle e altri insetti impollinatori. Cresce bene in tutti i tipi di terreno ma necessita di regolari e frequenti irrigazioni soprattutto nei periodi siccitosi e in estate.

Per favorire la produzione di nuove infiorescenze va concimata ad inizio stagione con concime organico a lenta cessione specifico per piante fiorite e va potata alla fine dell’inverno tagliando i rami a tre gemme dal basso. Si riproduce facilmente per seme.

La Buddleja davidii è apprezzata dai giardinieri per la sua resistenza al freddo, infatti viene consigliata anche per la coltivazione nei giardini fino ad 800 metri di altitudine. Si adatta anche alla coltivazione in vaso purchè largo e profondo.

La Buddleia alternifolia  è una specie originaria della Cina alta 3.4 metri. Ha portamento portamento ricadente a maturità e foglie caduche alterne, piccole, lanceolate, verde scuro sulla lamina superiore e glauche su quella inferiore. In primavera e soprattutto in giugno, sui rami dell’anno precedente, produce racemi ascellari lunghi circa 3 cm, profumati, color viola chiaro. Va coltivata al pieno sole, nel terreno ricco di nutrienti, fresco ma mai zuppo. Va potata leggermente alla fine della fioritura per favorire la produzione di rami secondari per l’anno successivo. E’ resistente al freddo.

La Buddleia globosa è un arbusto sempreverde originario del Cile e del Perù.  In pieno vigore vegetativo raggiunge un’altezza di circa 5 metri.  Le foglie sono lanceolate, di color verde scuro sulla pagina superiore e brunastre su quella inferiore. Da maggio a inizio luglio produce infiorescenze globose di colore giallo -arancio simili a quelle della Lantana. La Buddleja globosa nelle zone con clima invernale molto rigido può perdere le foglie in quanto meno resistente soprattutto al gelo. Va coltivata al pieno sole e in inverno va  protetta alla base con una pacciamatura di paglia o foglie secche.

Tra le altre varietà di Buddleje meno diffuse ricordiamo:

  • Buddleja asiatica
  • Buddleja colvilei Hook & Tomson
  • Buddleja japonica
  • Buddleja lindleyana
  • Buddleja madagascariensis
  • Buddleja paniculata
Le piante di Buddleja sono piante poco esigenti di cure e per tale motivo vengono utilizzate come elementi singoli o in gruppi per abbellire parchi pubblici, giardini privati, balconi, terrazzi, cortili e in gruppi per tappezzare muri di separazione. Le Buddleje sono piante tropicali tutte che prendono il nome dal reverendo Adam Buddle, autore di un importante erbario dell’inizio del XVIII secolo.

La prima a giungere in Europa fu la Buddleia globosa ma la più diffusa è senza dubbio la Buddleja davidii una specie originaria della Cina  che porta  il nome da un padre gesuita che viveva in quei luoghi.

lunedì 26 settembre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : BELLA DI NOTTE MOLTIPLICAZIONE

 


Originaria dell’America, la bella di notte è una tuberosa perenne dall’aspetto cespuglioso. Essa è caratterizzata da un fusto dal colore verde acceso, da cui partono tanti rami. La sua fioritura avviene in estate e i colori delle sue infiorescenze possono essere dal rosso al rosa, passando per il bicolor. Tra le caratteristiche, oltre ad avere le foglie a forma di cuore, spicca il fatto che i fiori si aprono di notte mentre si chiudono di giorno. Da qui il loro nome. Infatti, nel linguaggio dei fiori, la bella di notte simboleggia la timidezza. Un significato dovuto proprio al fatto che i fiori si mostrano di notte e non di giorno.

Tra le foglie sbucano dei semini di colore nero, dalla forma rotonda, che si possono cogliere ed utilizzare per la moltiplicazione della pianta. La moltiplicazione, in realtà, può essere fatta anche con il trapianto dei tuberi. Generalmente, la pianta non supera i 150 centimetri circa di altezza. Di seguito, cercheremo di darti una panoramica generale sulla bella di notte e dei dettagli su come poterla moltiplicare al meglio.

Prima di approfondire il tema della moltiplicazione della bella di notte, è necessario fare qualche cenno su come si coltiva questa pianta. Ad esempio, sull’esposizione: predilige, infatti, le zone a pieno sole. Noterai, infatti che, con l’arrivo dell’inverno, la parte superficiale della pianta sembrerà più secca. I tuberi restano sotto terra. Con l’arrivo dei primi caldi, proprio da questi ultimi, usciranno nuove ramificazioni e, di conseguenza fiori e semi.

In presenza di inverni rigidi, sarebbe meglio togliere i tuberi e metterli riparati fino all’arrivo della bella stagione. In caso contrario, si possono lasciare anche sotto terra. Se sono caduti dei semi dalla pianta, in primavera crescerà una pianta nuova.

Un altro fattore da considerare riguarda le annaffiature. La pianta, infatti, ha bisogno di dosi elevate di acqua, soprattutto quando fa caldo, tra aprile ed ottobre. Prima di annaffiare di nuovo, però, controlla che il terreno sia completamente asciutto, onde evitare i tanto temuti ristagni. Sempre nella stagione della fioritura, sarà necessario aggiungere all’acqua, ogni due settimane, del concime. Questo accorgimento, ti permetterà di avere delle foglie e dei fiori in salute.

Come abbiamo scritto poco più sopra, la bella di notte può essere moltiplicata attraverso la classica semina oppure attraverso il trapianto dei tuberi. Se vorrai moltiplicare la bella di notte attraverso la semina nel tuo giardino, dovrai ricordarti che i semini vanno messi a dimora alla fine dell’inverno. I semi, che avrai raccolto in estate e conservato, andranno messi in un terreno misto a sabbia. Ricordati di metterli in modo distanziato.

I semi crescono proprio sulla pianta e sono molto simili a dei piselli scuri, per dimensione. Il loro guscio è duro e grinzoso. La loro raccolta andrebbe effettuata tra settembre ed ottobre. La loro conservazione deve avvenire in sacchetti ben chiusi che andranno aperti soltanto quando arriverà il momento di seminarli.

Se vorrai praticare la moltiplicazione attraverso i tuberi, invece, dovrai attendere la fine del mese di marzo, con l’esplosione della primavera. Preventivamente, però, ricordati che il bulbo andrà tolto dalla terra e fatto asciugare. Soltanto dopo potrà essere messo in piena terra oppure in un vaso. Dopo venti giorni dalla germinazione dei semi, vedrai spuntare le nuove piantine. Queste ultime spunteranno anche se si fosse verificato qualche caso di auto semina. A germinazione avvenuta, potrai anche pensare ad un eventuale trapianto.

Per quanto riguarda il terreno, anche se la bella di notte si adatta bene a diverse tipologie, preferisce quelli drenanti e fertili, meglio se disciolti. Il motivo è semplice: teme i ristagni di acqua. Con i ristagni, infatti, possono sopraggiungere altri problemi come il marciume e gli attacchi da parte dei funghi.

Ecco quindi che risulta necessario, approfondire il tema delle malattie e dei parassiti. La bella di notte, infatti, se non è curata a doverepuò ammalarsi, anche gravemente. Tra le minacce più tangibili c’è quella del marciume radicale, che si può scongiurare riducendo le annaffiature. Ricorda di annaffiare soltanto quando il terreno appare completamente asciutto. Se nelle foglie noti delle macchie oppure ruggini, potresti procedere alla potatura considerando però, che questa può essere fatta soltanto in modo oculato.



domenica 25 settembre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : POTATURA DEGLI ARANCI

 


La potatura degli aranci è un’operazione davvero importante per permettere ai frutti dell’albero di crescere. Gli scopi che possono portare alla potatura sono numerosi e da questi dipende il periodo di intervento e i rami da recidere. La potatura di formazione è infatti diversa dalla potatura di produzione. La prima ha lo scopo di dare alla chioma un determinato aspetto, la seconda vuole massimizzare la produzione in termini di quantità e qualità dei frutti.

Potare gli aranci è quindi un’operazione essenziale e proprio per questo è necessario procedere con estrema cura. Vediamo dunque tutto quello che c’è da sapere sulla potatura dell’albero da frutto in modo da eseguirla nel migliore dei modi.

Quando gli aranci sono ancora giovani, è necessario evitare ogni tipo di potatura. Durante i primi anni è necessario semplicemente eliminare i succhioni e le ramificazioni in eccesso. Questo procedimento permetterà all’albero da frutto di avere uno sviluppo perfetto diventando slanciato grazie allo sviluppo in altezza del tronco. Solo dopo alcuni anni sarà dunque possibile procedere con la potatura. È davvero importante evitare tale trattamento nei primi anni perché in caso contrario si possono provocare danni irreparabili all’arancio.

Gli agricoltori non sono tutti concordi in merito al periodo migliore per potare gli aranci. La maggior parte degli esperti, comunque, ritiene che esista uno specifico arco temporale nel quale procedere. Quando si pota una pianta, infatti, è necessario rispettare i suoi ritmi vegetativi per evitare problemi di alcun tipo.

L’arancio si deve potare ad anni alterni, ossia va potato un anno sì e uno no per lasciarlo riposare. Il miglior periodo per la potatura è l’estate, nello specifico di dovrebbe procedere tra fine giugno e inizio luglio. È possibile anche procedere con la potatura invernale che si esegue nel periodo del riposo vegetativo. Come è facile capire, questa si esegue durante i mesi invernali.

La potatura si deve eseguire tenendo in considerazione alcuni aspetti fondamentali. È necessario infatti considerare che l’arancio fruttifica sui rami dell’anno precedente. Se non si interviene adeguatamente, quindi, la potatura rischia di impattare negativamente sulla produzione.

Se l’arancio non viene potato da molti anni, suggeriamo di intervenire tagliando alla base i rami che crescono male. I rami che crescono addossati, infatti, devono essere eliminati. La pianta solo in questo modo avrà la possibilità di respirare e i raggi del sole penetreranno in ogni zona dell’albero.

La potatura di formazione (o potatura di allevamento) si deve eseguire durante i primi anni di vita dell’albero. Questa è infatti essenziale per definire la forma dell’arancio quando andrà a crescere. Per importare questa fase è necessario tenere in considerazione qual è lo stato della pianta quando la si acquista. Esistono due possibilità:

  • Aranci di 2 anni già impalcati: questi alberi sono già stati predisposti dal vivaista a prendere una forma specifica. La pianta ha un tronco alto 50 cm circa da cui partono da 3 a 5 branche principali ben distribuite. In una situazione come questa non è necessario potare nulla per 2 o 3 anni.
  • Piante non ancora impalcate: in tal caso, la pianta ha un astone principale che deve essere accorciato fino a circa 50 cm. Questo procedimento è fondamentale per stimolare l’emissione di rami laterali vicino al punto di taglio. Fra quelli che nascono, è necessario sceglierne da 3 a 5 ben distanziati per realizzare branche principali.

La potatura di produzione è quella che esegue dopo qualche anno dalla messa in dimora della pianta. Si tratta di una potatura periodica che permette all’albero di restare sempre in ordine. In questi casi, non c’è bisogno di lavorare in maniera intensa in quanto basta semplicemente potare leggermente. Intervenendo ogni due o tre anni si otterranno dei buoni risultati come succede per tutti gli alberi da frutto.

Per potare gli aranci è necessario eseguire determinati procedimenti quali:

  • Sfoltimento dei succhioni, rami verticali che possono produrre frutti piegandosi verso il basso. Quando questi alberi sono troppo intricati e ravvicinati, ovviamente, non ci sarà una buona produzione di arance. Per questo è necessario eliminarne alcuni nel caso siano troppo folti e vicini.
  • Rimozione dei rami secchi.
  • Eliminazione dei rami affetti da malattie oppure attaccati dai parassiti.
  • Pulitura del tronco per eliminare i rametti giovani che nascono direttamente dal tronco principale.
  • Cimatura dei succhioni troppo vigorosi.


sabato 24 settembre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : CYCAS MOLTIPLICAZIONE

 


Le Cycas, chiamate comunemente Cicas, sono piante sempreverdi dioiche, ossia i fiori maschili e femminili si trovano su piante diverse. Queste pianta hanno un tronco eretto e foglie pennate coriacee di colore verde brillante.

Le diverse varietà di Cycas sono coltivate in giardino e in vaso in quanto hanno un design decorativo davvero molto apprezzato. Notevole è poi anche la loro resistenza alle avversità che consente anche a chi non ha il pollice verde di coltivarle senza alcun problema.

Tali piante si possono moltiplicare durante tutto l’anno. Per farlo è possibile scegliere diversi procedimenti che danno comunque ottimi risultati se effettuati correttamente. In particolare, la moltiplicazione può avvenire mediante la recisione dei polloni o germogli che crescono numerosi alla base della pianta madre.

Vediamo quindi tutto quello che c’è da sapere sulla moltiplicazione delle Cycas.

Le Cycas appartengono alla famiglia delle Cycadaceae che comprendono piante molto antiche che hanno conservato determinate caratteristiche nel tempo. Queste sono originarie dell’Asia Tropicale, dell’Africa Orientale, della Polinesia e dell’Australia. In genere queste piante vengono piantate in giardino, ma possono crescere anche in appartamento.

Aspetto e forma di queste piante ricordano di certo le palme. Il tronco centrale presenta una sommità sulla quale c’è un ciuffo di foglie pennate composto da varie foglioline. Ogni foglia delle fronde nasce da una costa centrale assumendo sia le foglie che la costa una forma incurvata verso il basso.

Queste piante sono dioiche, ossia esistono piante maschili e piante femminili. Questo è un carattere distintivo molto importante che le rende particolari.

Le piante di Cycas si possono moltiplicare in diversi modi, infatti è possibile procedere per seme o per pollini. Le due differenti tecniche di propagazione devono essere eseguite tenendo in considerazione alcune caratteristiche essenziali per evitare problemi. Trattandosi di una pianta a crescita e a germinazione molto lenta, la Cycas deve essere moltiplicata perfettamente per evitare di perdere tempo. Per aiutarvi a moltiplicare la pianta con le due tecniche possibili, abbiamo quindi deciso di fornirvi entrambe le guide. Solo seguendo i nostri consigli, infatti, eviterete in banali errori di coltivazione che comprometterebbero la Cycas.

La moltiplicazione per seme è un tipo di propagazione molto utilizzato per la Cycas. Il periodo migliore per piantare i semi di questa pianta è tra marzo e maggio. Vediamo i passaggi essenziali da seguire:

  1. Prima di tutto, è necessario mettere i semi in una bacinella con dell’acqua tiepida. Per capire che il seme è utilizzabile, è necessario fare attenzione che questo vada a fondo. Se esso galleggia, infatti, significa che non è stato impollinato e dunque va buttato via. Questa tecnica, conosciuta come scarificazione, è necessaria per rendere la parte esterna del seme meno dura. Grazie a questo passaggio si permetterà al seme di germinare più rapidamente. In alternativa, è possibile anche procedere con la tecnica dell’incisione manuale del seme. Questa è però più rischiosa e le persone meno esperte rischiano di causare danni irreparabili al seme.
  2. Procedere con l’immersione in acqua per 3 giorni avendo cura di cambiare l’acqua ogni giorno.
  3. A questo punto, è necessario eliminare la pellicola rosso-aranciata sopra al seme e lasciare asciugare per due giorni. Nel caso la pellicina non dovesse staccarsi, è bene evitare di usare la forza e dunque va lasciata lì.
  4. Formare un terriccio con metà sabbia o perlite e metà torba in modo da ottenere un terreno soffice e poroso spesso circa 15 cm.
  5. Interrare il seme facendolo cadere sul terriccio.
  6. Annaffiare ogni volta che il terreno in superficie risulta asciutto. È bene fare attenzione a non esagerare con l’acqua perché il seme non marcisca. L’acqua in eccesso deve sempre essere lasciata sgrondare prima di procedere con una seconda annaffiatura che bagni tutto il terreno.

Una volta seguito tutto il procedimento, è necessario attendere. Dopo un periodo che va dai 3 mesi ai 9 mesi, il seme dovrebbe iniziare a germinare.

La moltiplicazione per pollini può essere eseguita durante tutto l’anno, in genere comunque i germogli basali si raccolgono alla fine dell’inverno o in primavera. Per riuscirci è bene seguire il procedimento seguente:

  1. Prelevare i germogli che si formano alla base della pianta oppure lungo il tronco.
  2. Lasciare ad asciugare i pollini per circa una settimana in modo che la ferita si cicatrizzo.
  3. Scegliere un vaso poco più grande delle dimensioni del germoglio.
  4. Piantare i pollini in un terriccio formato da metà sabbia o perlite e metà torba. Questi devono essere piantati per metà della loro lunghezza perché se troppo in profondità rischiano di marcire. Nel caso siano piantati troppo in superficie, invece, le radici hanno poca superficie per potersi sviluppare.
  5. Innaffiare regolarmente facendo attenzione che il terriccio resti quasi asciutto tra un’innaffiatura e l’altra. Quando iniziano a spuntare le radici, procedere con innaffiature più costanti e abbondanti.
  6. Una volta comparse le prime foglie, potete eseguire una concimazione.
  7. Trapiantare le piante in vasi leggermente più grandi facendo attenzione a non scegliere dei vasi troppo grandi.


venerdì 23 settembre 2022

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : POTATURA DEL GLICINE

 



Il glicine è una pianta rampicante coltivata a scopo ornamentale in giardino a ridosso di muri, pergolati e gazebi. La pianta cresce anche in vaso e, per la sua rapida crescita, in qualsiasi terreno ricco di nutrienti e ben drenato. La sua splendida fioritura è caratterizzata da numerosi grappoli penduli dalle diverse tonalità di colore bianco, crema, blu-violetto. Questi spuntano sui rami prima delle foglie e permettendo alla pianta di abbellire gli spazi esterni. Molto apprezzata poi la sua capacità di profumare l’aria primaverile con il suo delicato aroma un misto di essenze di agrumi e violette.

La pianta cresce molto velocemente e per questo motivo la sua potatura risulta essenziale. Solo curandolo in questo modo, infatti, si riesce a migliorare la sua vigoria vegetativa. Una corretta potatura dunque è essenziale perché il glicine ha bisogno di essere modellato e potato per offrire le sue splendide fioriture.

La potatura del glicine è un’operazione davvero fondamentale per la pianta in quanto consente di migliorarne aspetto e salute. I motivi principali per cui è così importante procedere con questo intervento colturale sono i seguenti:

  • contenere le dimensioni della pianta
  • eliminare i rami vecchi, secchi o spezzati
  • aumentare la produzione di fiori

Non potare la pianta per molti anni, infatti, è un grande sbaglio se si vuole mantenere la pianta curata. Un glicine particolarmente trascurato ha un aspetto disordinato e non risulta quindi affatto ornamentale. Proprio per tale motivo è essenziale potare la pianta già da giovane in modo da farle avere l’aspetto desiderato. Anche successivamente è poi essenziale continuare ad effettuare potature mirate.

Il glicineWisteria sinensi o Wisteria floribunda, va messo a dimora in posizioni luminose e soleggiate. Per poter fiorire copiosamente necessita di due interventi di potatura all’anno:

  • La prima potatura del glicine è la potatura invernale. Si tratta di un lavoro che va fatto durante il periodo di riposo vegetativo della pianta. Andrebbe svolto possibilmente nel mese di gennaio quando i rami sono completamente liberi dalle foglie.
  • La seconda potatura è la potatura estiva. Si tratta di un lavoro che si esegue generalmente nel periodo giugno-agosto. In alternativa, si può eseguire subito dopo la fioritura come nel caso dei glicini rifiorenti.

La potatura invernale va fatta nel mese di gennaio. Essa si effettua potando tutti i rami nuovi dell’anno lasciando su ognuno di essi solo 4-6 gemme. Chiaramente, i rami portanti della pianta non devono essere assolutamente potati.

Si accorciano a livello del terreno i rami secchi o danneggiati dal freddo e i polloni basali. Questo trattamento oltre a contenere lo sviluppo eccessivo della pianta (oltre i 10 metri di lunghezza) stimola il ricaccio delle gemme fiorifere.

La potatura verde o potatura estiva è da eseguire durante la prima metà della stagione estiva. Questa è essenziale in quanto permette di ridimensionare i rami giovani particolarmente lunghi o con andamento irregolare. Grazie a questa potatura, dunque, si rimodella la pianta secondo la forma scelta fin dai primi anni di vita.

Con questo intervento si cerca di conferire al glicine il migliore equilibrio tra vegetazione e produzione di fiori. Per farlo si provvede a correggere eventuali errori dovuti ad un eccesso di concimazioni o ad una insufficiente potatura invernale.

Il glicine coltivato in vaso è leggermente più esigente di quelli allevati in piena terra. Oltre ai terreni argillosi, concimazioni povere di azoto (pena troppe foglie e pochi fiori), richiede anche più interventi di potatura.

Negli esemplari giovani le potature vanno effettuate solo per dare una struttura ordinata alla pianta. Negli esemplari adulti, invece, oltre alla potatura invernale eseguita come descritto per gli esemplari allevati in piena terra, si effettuano più potature estive. Queste non sono infatti solo per contenere lo sviluppo abnorme della sua chioma, ma anche e soprattutto del suo apparato radicale.

Il glicine allevato in vaso per nutrirsi a sufficienza emette una enorme quantità di radici che man mano finiscono col risucchiare il terreno. Per questo motivo quando si effettua il rinvaso, sempre dopo la fioritura, è consigliabile accorciare le radici disposte in un folto e lungo ammasso intrecciato.