VERDE TIME

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domenica 28 febbraio 2021

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : QUANDO POTARE IL LIMONE

 


Sull’epoca di potatura del limone esistono dei pareri discordanti: c’è chi pota in autunno, chi in pieno inverno, chi in primavera. C’è anche chi pota durante la fioritura, chi dopo e chi considera il limone alla stregua di un normale albero da frutto che va potato come tutti gli altri, ovvero lontano dalla fioritura. Il limone è un albero da frutto, ma è anche un agrume e come tale ha delle caratteristiche peculiari differenti dagli alberi che producono frutti dolci. Queste peculiarità fanno si che alcuni potino il limone solo quando è in fase di fioritura. Insomma, come si può notare, la potatura del limone lascia spazio a tante esperienze e a molta confusione.

Il periodo di potatura è importantissimo per evitare traumi gravi ai rami legnosi o la mancata guarigione delle ferite. Potare una pianta nel giusto periodo significa anche renderla più resistente alle avversità e maggiormente capace di sopportare i tagli di potatura. Le stagioni in cui le piante resistono meglio alla potatura sono quelle con climi miti e stabili e dunque non eccessivamente freddi o caldi. I climi temperati rendono la corteccia più morbida e quindi più facile da trattare. In queste stagioni, vanno coperte con mastice solo le ferite più grandi, mentre quelle più piccole si possono lasciare guarire anche a contatto con l’aria.

Caratteristiche

quando potare limone 2La questione del periodo di potatura del limone è molto dibattuta, specie tra gli amanti del giardinaggio che si trovano a coltivare piante di limoni in vaso o a pieno campo. Nella potatura di queste piante occorre valutare non solo le condizioni climatiche dell’area in cui vengono coltivate, ma anche la specie da potare. In base alla varietà, infatti, i limoni possono presentare una sola fioritura o più fioriture. Chi coltiva limoni con una sola fioritura preferisce potare a settembre ottobre, ma anche a primavera, mentre chi coltiva limoni con quattro fioriture preferisce potare esclusivamente in autunno. Le esperienze dei giardinieri depongono a favore della potatura autunnale di qualsiasi specie di limone, potatura da effettuare esclusivamente tra settembre ed ottobre. Nelle zone con clima caldo, la potatura si può far slittare anche tra dicembre e gennaio.

In zone particolarmente temperate e con giornate gradevoli, qualcuno ha anche vissuto l’esperienza della potatura in febbraio. La regola generale suggerisce, comunque, la potatura autunnale dei limoni, potatura da praticare su qualsiasi varietà. In genere, la potatura del limone si effettua quando i frutti sono gialli e quando non sono ancora comparsi i nuovi germogli.

Potatura autunnale

La potatura autunnale del limone riguarda, come già detto, qualsiasi varietà di questa pianta. E’proprio in questa fase che si individuano i rami da tagliare e quelli da lasciare, ma anche i tagli di ritorno, ovvero il raccorciamento dei rami produttivi per stimolare l’emissione di nuovi getti. In autunno si possono effettuare sia tagli di miglioramento e arieggiamento della chioma, quindi di pulizia, formazione e ringiovanimento, che di produzione.

I tagli di miglioramento della chioma riguardano l’eliminazione delle parti secche, spezzate o danneggiate e dei rami in eccesso che deturpano la forma della pianta. In questa fase si accorciano anche i rami produttivi, scegliendo quelli già maturi e non quelli in cui il legno è ancora troppo verde. I tagli vanno effettuati con attrezzi per potatura ( forbici, cesoia o segaccio) puliti e disinfettati, sia prima che dopo l’uso. Le ferite vanno coperte con del buon mastice per potatura, facilmente reperibile nei vivai. Se la zona dove viene praticata la potatura è temperata, le ferite molto piccole si possono lasciar cicatrizzare senza mastice. In ogni caso, per evitare la comparsa di parassiti e malattie è sempre meglio coprirle con il mastice usato per proteggere le ferite grandi.

Quando potare i succhioni

Quando potare i succhionisucchioni sono la “croce” degli agricoltori e dei alberi da frutto. Questi rami rappresentano, infatti, un vero e proprio tormento per gli alberi, perché non producono e sottraggono energia alla pianta. I succhioni possono essere eliminati in qualsiasi momento. Si tratta di quei rami senza frutti ( in questo caso limoni) che sporgono dritti verso l’alto. Questi rami hanno una forte vigoria vegetativa e per questo sottraggono tanta energia all’albero e alla sua capacità produttiva.

Nel limone, i succhioni si possono eliminare in qualsiasi stagione, facendo attenzione a non intaccare rami produttivi o fioriti. Altri interventi di pulizia ed arieggiamento della chioma vanno effettuati sempre in autunno. Sempre in questa stagione si elimineranno i rami che si incrociano tra loro e che deturpano il portamento dell’albero. La stagione autunnale è adatta anche all’eliminazione delle foglie e dei fiori secchi. In questo periodo si procede, infatti, a ripulire la pianta e a lasciarla riposare per l’inverno. Meglio non effettuare alcun intervento durante il periodo vegetativo, a meno che non ci si accorga della solita, fastidiosa presenza dei succhioni. Bisogna anche ricordare che il limone non necessita di potature drastiche, ma solo di essere liberato dai rami improduttivi, danneggiati, secchi o spezzati. Eventuali tagli di ritorno hanno un’importanza trascurabile, specie se la pianta viene coltivata in giardino per semplici finalità ornamentali.

Potare i limoni in vaso

Sempre parlando di potatura, un'attenzione particolare la meritano i limoni in vaso. Questi limoni vanno potati principalmente per una questione di forma e per evitare che la pianta cresca in maniera eccessiva rispetto al vaso dando origine ad uno scompenso. Le modalità di potatura dei limoni in vaso sono le stesse dei normali limoni sia per quanto riguarda il periodo che gli attrezzi che il taglio. Come detto anche nei precedenti paragrafi la scelta del periodo è personale e dipende dalla sensibilità personale e dalla propria esperienza oltre che dal tipo di limone che vogliamo ottenere.

Per i limoni in vaso tuttavia, che quasi sempre non hanno una funzione produttiva ma sono principalmente limoni decorativi, la potatura può essere autunnale ed effettuata dopo l'estate, fra settembre ed ottobre, quando le temperature calano ma le gelate sono ancora lontane.

sabato 27 febbraio 2021

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : LA POTATURA DEL GLICINE

 

Il glicine è uno dei rampicanti più belli e suggestivi che esistano. Molto apprezzato per decorare giardini e per creare pergolati e pareti vegetali, il glicine è anche una pianta che ha bisogno di essere modellata e potata per regalare stupende ed inenarrabili fioriture. La potatura del glicine serve anche a contenerne la vigoria vegetativa. La pianta, infatti, cresce molto velocemente e in fretta, emettendo tanti rami basali che rischiano di rovinare il suo aspetto decorativo. Il glicine, insomma, è una specie ornamentale di alto valore, ma questo valore deve essere curato ed esaltato con adeguati interventi colturali. Uno di questi interventi è proprio la potatura, tecnica composta da tagli che mirano ad eliminare o accorciare rami danneggiati o inutili. Nel glicine, la potatura può avere anche altre finalità che approfondiremo meglio nella lezione di oggi.

Caratteristiche

potatura estivaCome al solito, prima di parlare delle tecniche di potatura del glicine, vogliamo descrivere alcune specifiche caratteristiche di questa pianta. Conoscerla, infatti, permette di gestire ed effettuare meglio le varie operazioni di potatura. Il glicine è un rampicante rustico originario dell’Asia. In natura ne esistono due varietà: Wisteria sinensis e Wisteria floribunda. La prima, originaria della Cina, può raggiungere altezze ragguardevoli, anche trenta metri, mentre la seconda, originaria del Giappone, arriva a un’altezza di dieci metri. Il glicine appartiene alla famiglia delle Fabaceae e, come si sarà capito dal suo nome botanico, al genere Wisteria. La pianta è particolarmente adatta ad essere coltivata nei nostri climi, tipicamente temperati. Le modalità di coltivazione sono abbastanza semplici da praticare su questa pianta. Tra le cure del glicine, rientra anche la potatura, ovvero dei tagli periodici ad alcune parti della pianta che si rivelano danneggiate, inutili o dannose per la forma e lo sviluppo della stessa. La potatura del glicine riguarda sia il rampicante coltivato in vaso, che quello a pieno campo. Le tecniche di potatura del glicine sono simili sia in quello coltivato su terreno che in quello coltivato in vaso. L’unica differenza è negli interventi, più frequenti nel glicine in vaso.

Come potare

potatura invernaleIl glicine ha bisogno di due specifici interventi di potatura: estiva ed invernale. La prima, da praticare tra luglio ed agosto, serve a stimolare la fioritura e a dare alla pianta un aspetto più ordinato. In questa potatura vanno tagliati i rami di un anno dandogli la lunghezza massima di un metro. Se si vogliono produrre dei piccoli rametti( branche) su un ramo più grande, bisogna lasciarne intatto almeno uno, cioè non bisogna potarlo ( accorciarlo). Durante questa operazione è meglio togliere anche i polloni e gli stoloni ( grossi rami) che si formano alla base. Queste parti tolgono energia alla pianta e le danno una forma asimmetrica o troppo disordinata. Se il glicine nasce da un innesto, i polloni basali saranno molto grossi e vigorosi, poiché trattasi di rami selvatici. La potatura invernale si effettua dopo la caduta delle foglie. Se il clima è troppo rigido, è meglio aspettare la fine della stagione fredda. In questa potatura si accorciano tutti i rami di un anno, lasciando almeno quattro o cinque gemme. Nel frattempo si devono anche eliminare i polloni basali, che rovinano la linea della pianta, e i rami rotti, secchi o danneggiati. Se alla pianta si vuole dare una forma ben precisa conviene scegliere un ramo adatto, non tagliarlo e legarlo in una direzione che permette di ottenere la forma desiderata. La potatura del glicine, sia estiva che invernale, consente di avere delle stupende fioriture e di contenere quella vigoria vegetativa che tende a danneggiare la forma della pianta.

Accorgimenti

glicine sinensis albaLa potatura del glicine si effettua anche per dare una forma ben precisa alla pianta. La forma e la direzione di crescita del glicine, vanno individuate entro i primi due anni di vita della pianta. In genere, dopo aver tolto i polloni basali e accorciato i rami, si trovano uno o più rami da lasciare crescere nella forma e nella direzione desiderata. In poco tempo, questi rami potranno dare vita a un glicine ad alberello, a spalliera, a parete, a colonna, ad albero, a cespuglio, a pergola e a bonsai. In tal caso, più che di potatura di allevamento e formazione si può parlare di potatura “creativa”, perché il risultato e la forma del glicine dipenderanno esclusivamente dalle abilità del potatore. Le stesse tecniche di potatura si possono praticare per il glicine in vaso. In questa condizione, la potatura estiva va effettuata frequentemente, per permettere alla pianta di avere più spazio nel contenitore. Durante il rinvaso va anche effettuata la potatura radicale, ovvero la rimozione delle radici, Il glicine, infatti, è una pianta che presenta la caratteristica di vegetare molto alla base. La vigoria basale, con presenza di polloni, stoloni e radici molto grosse, danneggia gravemente lo sviluppo della pianta in vaso. Le parti basali inutili o in eccesso vanno quindi diradate o eliminate proprio in occasione del rinvaso.


venerdì 26 febbraio 2021

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : IL GIARDINO NEL MESE DI FEBBRAIO

 


Cosa fare per bordure miste, erbacee perenni e graminacee.

È il momento di fare pulizia per favorire la ripresa vegetativa. Questa operazione può essere intrapresa all’inizio del mese nelle aree più miti, mentre è meglio aspettare la terza decade al Nord e nelle zone montane. Bisognerà rimuovere la pacciamatura a base di foglie o altri residui vegetali; alla base delle piante ritroveremo ancora un po’ dell’ammendante che avevamo sparso in autunno: inglobiamolo al terreno con una leggera pacciamatura, aggiungendo un fertilizzante a lenta cessione.

Semina di annuali e perenni

Da gennaio a marzo si hanno i migliori risultati con le semine di annuali. Iniziare presto dà il vantaggio di avere fioriture precoci, ma bisogna prestare particolare attenzione alle temperature minime necessarie alla germinazione. Un altro aspetto da non sottovalutare è la quantità di luce: spesso si ottengono piantine sottili e chiare, incapaci di sorreggersi e crescere ulteriormente. Ricordiamoci quindi, appena vediamo le prime foglioline, di spostare i vassoi in una zona estremamente luminosa, possibilmente un davanzale esposto a Sud. Fondamentale è la pratica della cimatura: rallenta la crescita, ma consente l’accestimento e copiose fioriture.

Possiamo anche seminare perenni tenendo presente che per ottenere esemplari di buone dimensioni si dovrà attendere almeno la primavera successiva: l’ideale è invece procedere in autunno (periodo consigliato anche per le biennali).

È anche il momento di tagliare alla base la vegetazione secca o rovinata dell’annata precedente, specialmente delle vivaci e delle graminacee: i primi tepori indurranno la produzione di nuovi getti. Possiamo inoltre cominciare con i nuovi impianti: i rischi di gelate e di eccessiva umidità dovrebbero gradatamente ridursi.

Procediamo anche con la divisione e il reimpianto per i cespi troppo allargati o con porzioni invecchiate.

Cosa fare per gli arbusti e gli alberi decorativi

giardino a febbraioNella prima parte del mese, soprattutto al Nord, dobbiamo attendere pazientemente che passino le ultime ondate di gelo: controlliamo le coperture degli esemplari più delicati. I nuovi getti (indotti dai primi tepori) possono venir danneggiati anche solo da una nottata fredda e ventosa, compromettendo l’esemplare per tutta la stagione. Possiamo dedicarci tranquillamente alle potature auando le temperature notturne sono stabilmente sopra lo zero. Iniziamo dagli esemplari esposti a Sud e più resistenti per poi passare a quelli a Nord e più sensibili. Ricordiamoci che in questo periodo bisogna potare solamente le piante che fioriscono sui rami prodotti nell’annata, limitandoci, per gli altri, alla sola pulizia da eventuali rami malati o secchi. Per quelli in fiore in questo momento, aspettiamo l’appassimento delle corolle e la comparsa delle foglie.

È ancora un buon periodo per gli impianti di arbusti ed alberi a radice nuda: accertiamoci sempre che il terreno non sia gelato o troppo bagnato.

Il giardino nel mese di febbraio: Altri lavori

potatura invernaleUna volta terminate le potature, da effettuare sempre in giornate calde e asciutte, è consigliabile fare un trattamento con un rameico sui rami e sul terreno circostante. È una pratica importante per evitare l’insorgere di cancri rameali e ridurre la quantità di spore di patogeni.

Nelle aree miti può già essere il momento di portare all’esterno le piante che avevamo riparato per l’inverno: ripuliamole dalle parti secche, esponiamole alla luce solare e somministriamo un concime liquido azotato per favorire la ripresa vegetativa.

Possiamo anche cominciare la manutenzione del prato distribuendo un fertilizzante azotato, eliminando il muschio e, verso fine mese, procedendo con una transemina se vi fossero aree diradate.



giovedì 25 febbraio 2021

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : CONCIMI

 


Le piante, per crescere correttamente, necessitano di nutrimento. Come ogni essere vivente, anche i vegetali, infatti, devono nutrirsi per svilupparsi in maniera sana e rigogliosa e per resistere ad avversità e malattie. Senza nutrimento le piante non potrebbero radicare, fiorire, fruttificare e nemmeno compiere le funzioni fondamentali che le contraddistinguono, come la fotosintesi clorofilliana. In natura le piante spontanee ricevono nutrimento dall’acqua e dai minerali disciolti nel terreno. Ma queste condizioni non sono sempre presenti per tutti i tipi di piante, anche perché non tutte crescono negli stessi terreni e nelle stesse condizioni climatiche. Terreni inadatti, erosione e dilavamento rendono spesso impossibile o difficoltosa l’assimilazione di sostanze nutritive da parte delle piante, rendendo necessario ricorrere alla somministrazione artificiale di sostanze adatte alla nutrizione ed alla crescita vegetale. Queste sostanze sono i concimi, o fertilizzanti, composti dagli elementi essenziali alla crescita delle piante e da elementi secondari che svolgono un ruolo essenziale nel miglioramento delle funzioni vegetative e della struttura del terreno. Quasi tutte le piante coltivate a scopo produttivo od ornamentale vengono concimate. Accade per quelle in vaso o coltivate su terreni in giardino o per quelle coltivate su larga scala a scopo di commercializzazione, sia in serra che in pieno campo.

Caratteristiche

concime chimicoI concimi, ovvero le sostanze nutritive che vengono somministrate alle piante, possono essere composti, in tutto o in parte, dagli elementi necessari alla crescita vegetale. Abbiamo detto in tutto o in parte, perché i concimi possono contenere un solo elemento nutritivo o più elementi. Nel primo caso si parlerà di concimi essenziali, nel secondo, di concimi complessi. I concimi, sia essenziali, che complessi, contengono le sostanze fondamentali per la crescita della pianta, sostanze senza le quali le piante non riuscirebbero non solo a svilupparsi in maniera regolare, ma nemmeno a radicare. Questi elementi fondamentali, detti macroelementi, sono: l’azoto, il fosforo e il potassio. L’azoto serve a far sviluppare il fusto e le radici, e ad aumentare la disponibilità di clorofilla nelle foglie, il fosforo favorisce la fioritura, mentre il potassio migliora il gusto dei frutti e rende le piante più resistenti agli attacchi di parassiti e malattie. Le sostanze non fondamentali per la crescita vegetale, ma direttamente coinvolte in molti processi del metabolismo vegetale, vengono dette microelementi, ovvero: ferro, calcio, magnesio, zolfo e cloro. Esistono altri microelementi ugualmente importanti per la crescita delle piante, tra questi ricordiamo lo zinco, il rame, il boro, il carbonio,l’ idrogeno, l’ ossigeno, il molibdeno e il manganese. Alcuni concimi non svolgono soltanto una funzione nutritiva per le piante, ma anche correttiva. Il ferro ad esempio, è un elemento indispensabile nei processi metabolici che regolano la fotosintesi clorofilliana. Questa sostanza spesso è carente nei terreni troppo compatti o calcarei. Calcio e zolfo, invece, possono essere importanti per alcune specie di piante. Esistono infatti piante calciofile, cioè con alta capacità di assorbimento del calcio e piante acidofile che prosperano nei terreni acidi. I concimi a base di calcio e zolfo possono perciò avere anche un effetto correttivo e ammendante sui terreni con caratteristiche poco adatte allo sviluppo vegetale. Il calcio viene addizionato a terreni troppo acidi che ospitano piante calciofile, mentre le acidofile che hanno la sfortuna di crescere su terreni calcarei possono ricevere concimi a base di zolfo.

Tipologie

fertilizzante I concimi ad effetto nutritivo o correttivo, da somministrare alle piante ed al terreno, vengono ottenuti da diversi metodi di lavorazione. I concimi possono infatti essere chimici o minerali, organici ed organominerali. I primi sono ottenuti attraverso processi di lavorazione industriale e addizionando dei composti ottenuti esclusivamente tramite reazioni chimiche. Quelli organici sono ottenuti esclusivamente da sostanze presenti in natura e derivate da scarti della lavorazione agricola o dalla decomposizione degli elementi del terreno e delle piante. Questi concimi vengono anche detti biologici. I concimi organominerali vengono anche chiamati integrati perché sono ottenuti miscelando una parte di concimi chimici ed una parte di concimi biologici. 

Concimi chimici o minerali

concimi chimiciI concimi chimici sono, come detto al precedente paragrafo, dei fertilizzanti ottenuti da procedimenti di lavorazione industriale. Vengono usati da anni su larga scala in agricoltura, ma a volte anche nel giardinaggio, anche se la recente sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla questione ambientale, sta portando i consumatori privati a scegliere sempre più concimi organici o biologici. I concimi chimici vengono ottenuti per reazione chimica di sostanze minerali quali azoto, fosforo, potassio e microelementi. Queste sostanze, per essere immediatamente disponibili per le piante, devono essere contenute in particolari molecole corrispondenti a precise formule chimiche, quali i nitrati e l’urea. I nitrati sono immediatamente disponibili per le piante, ma hanno lo svantaggio di essere altamente inquinanti per le falde acquifere. I preparati a base di urea o ammoniaca, invece, vengono rilasciati in maniera più graduale per le piante. I concimi chimici presentano alcuni vantaggi che ne hanno permesso l’utilizzo su larga scala, come la facilità ad essere reperiti, acquistati e trasportati e l’indicazione del rapporto di diluzione tra i vari elementi miscelati. La percentuale di sostanze chimiche contenute nei concimi chimici si chiama titolo. I concimi chimici complessi, cioè quelli formati da una miscela di più elementi, hanno in genere la formula o il titolo base N, P, K, dalle iniziali delle formule chimiche dei macroelementi contenuti, ovvero azoto ( N), fosforo ( P) e potassio (K). Accanto alle lettere vengono anche indicati dei numeri in sequenza che rappresentano la percentuale o il titolo della quantità dei rispettivi elementi. Potremo, dunque, avere, concimi NPK 15 -10 -30, o 14- 25- 5 o 20- 20-20, che indicano in che misura i macroelementi sono presenti all’interno del concime. Questi numeri permettono di scegliere i concimi chimici più adatti alla crescita delle proprie piante. Alcune specie, infatti, potrebbero aver bisogno della stessa quantità di macroelementi, altre, invece, di quantità minori di fosforo e potassio rispetto all’azoto o viceversa.

Uso concimi minerali

I concimi minerali in formula NPK contengono, come già visto al paragrafo precedente, un differente titolo di macroelementi. Questo rapporto quantitativo dei vari elementi del concime permette di scegliere quello più adatto alla varia fase di concimazione delle piante. I concimi NPK 14 -25 -5, ad esempio, si usano per la fase di crescita intermedia delle piante, in cui la quantità di fosforo dovrebbe essere maggiore rispetto all’azoto e al potassio. Nella corretta distribuzione del concime incide anche la qualità del terreno. I terreni delle nostre zone sono naturalmente ricchi di fosforo, per cui è meglio non eccedere nella somministrazione di questo minerale. Il fabbisogno di fosforo delle piante può pero aumentare in caso di terreni acidi, dove il fosforo del suolo diventa difficilmente assimilabile dalle radici, in tal caso il concime fosfatico sarà essenziale per una corretta crescita vegetale. Al contrario, i concimi minerali con un ricco rapporto di potassio, come ad esempio, NPK 8-5-44 sono utili nella fase finale del ciclo vegetativo della pianta o per tutte le piante definite potassiofile, cioè ad elevata necessità di potassio. Tra queste rientrano il ribes e l’achillea. I concimi chimici con eguale rapporto di azoto, fosforo e potassio sono invece indicati in tutte le fasi del ciclo vegetativo della pianta, perché contribuiscono a fornire la dose ideale ed essenziale di nutrienti. Infine, i concimi con un elevato rapporto di azoto, rispetto al potassio e al fosforo, sono particolarmente indicati nella fase iniziale dello sviluppo vegetativo della pianta.


Formulazioni commerciali

concime mineraleI concimi minerali vengono prodotti con diverse formulazioni. Possono infatti essere liquidi, idrosolubili, granulari o a lenta cessione. I concimi liquidi vengono mischiati all’acqua per irrigazione, dando vita alla cosiddetta fertirrigazione, una procedura che oltre ad innaffiare le piante contribuisce anche a fornire loro tutti gli elementi nutritivi di cui hanno bisogno. I concimi idrosolubili sono prodotti in polveri che si possono miscelare in acqua ed usare sia per la concimazione fogliare che nella fertirrigazione. I concimi idrosolubili possono essere semplici, contenenti cioè un solo elemento, o complessi, cioè con una miscela di macroelementi e di microelementi. L’azoto di questi concimi può essere sotto forma di nitrato o di urea, mentre il fosforo e il potassio sono rispettivamente sotto forma di urea e di nitrato. I concimi urici permettono un rilascio più graduale dei principi nutritivi. I nitrati presentano lo svantaggio di inquinare le falde acquifere, ma hanno il vantaggio di essere immediatamente assorbiti dalle piante specie quando queste sono state compromesse da avversità climatiche, trapianti e malattie. I concimi granulari o a lenta cessione, sono prodotti sotto forma di granelli o granuli da spargere a mano sul terreno o con macchine spargiconcime in caso di superfici più vaste. Queste sostanze presentano il vantaggio di essere assorbite lentamente dalle piante riducendo il ricorso a concimazioni frequenti.

Concimi organici

I concimi organici derivano esclusivamente da sostanze già presenti in natura. Essendo ricavati da elementi naturali e senza ricorso a procedimenti di lavorazione chimica, i concimi organici vengono anche detti biologici. La natura ci fornisce diversi concimi naturali. Alcuni possono già essere disponibili in natura, come la torba, altri vengono ottenuti da scarti della lavorazione agricola, come la farina di sangue di animali macellati o il letame. Quest’ultimo, detto anche stallatico, è il concime organico usato fin dai tempi più antichi. La disponibilità di letame fresco è ormai molto scarsa per via del diffondersi dei processi di lavorazione industriale del bestiame. Per questo motivo il letame viene raccolto da ditte specializzate ed essiccato, in modo da ottenere il cosiddetto stallatico maturo, che consente un rilascio graduale dei macro e microelementi in esso contenuti. Lo stallatico contiene infatti la giusta proporzione di azoto, fosforo e potassio, oltre a microelementi che hanno anche una funzione correttiva ed ammendante del terreno. Il concime organico con letame è ideale per gli alberi da frutto, le piante ornamentali e gli ortaggi. Per le piante in vaso si può usare il pellet, ovvero letame essiccato e digerito da funghi e batteri. Il processo di digestione del letame porta alla formazione dell’humus, che viene trasformato in un prodotto in polvere, chiamato appunto pellet. Altri concimi organici si possono ottenere dalla decomposizione di residui di piante e altri elementi organici, come resti e bucce di frutta ad esempio. I processi fermentativi di questi prodotti di scarto danno origine al compost. Tra i concimi organici troviamo anche la cenere di legna e la pollina, ovvero il concime liquido delle deiezioni degli animali, elemento naturale, ma inquinante al pari dei nitrati e per questo trasformato in pellet.


Uso concimi organici

concimi organiciIl letame maturo si interra in inverno sulla superficie del terreno, mentre prima della semina va interrato in profondità. Il pellet va aggiunto in quantità limitate alle piante in vaso. La farina di sangue, ottenuta dal sangue degli animali macellati, è un concime organico molto ricco di azoto, ma carente di microelementi a funzione correttiva o migliorativa del terreno e della crescita delle piante. In genere si usa nella fase iniziale dello sviluppo vegetativo e per il suo odore pungente è consigliabile interrarlo al più presto, in modo da non diffondere nell’ambiente il suo odore fastidioso. La farina di sangue può essere usata nella fase iniziale di crescita delle piante a fiore e degli ortaggi. La cenere di legna è invece ricca di fosforo, potassio e di microelementi come zinco, fluoro e calcio, mentre non presenta azoto. Per questo è consigliabile addizionarla a concimi azotati.


Concimi organominerali

I concimi organominerali sono dei composti ottenuti miscelando sostanze organiche ed elementi chimici. Questi concimi nascono dalla necessità di addizionare quelli organici privi di elementi essenziali o di microelementi utili alla sana crescita delle piante. I concimi organominerali si presentano come delle soluzioni fluide adatte alla concimazione fogliare. Vengono somministrati sulle foglie durante la fertirrigazione e possono contenere macroelementi in forma organica e microelementi in forma minerale che servono a migliorare la resa estetica produttiva delle piante. I concimi organominerali addizionati con calcio, ad esempio, vengono usati a fini produttivi per migliorare proprio la qualità dei frutti delle piante coltivate.

mercoledì 24 febbraio 2021

VERDE TIME LEZIONE DI GIARDINAGGIO : FERTILIZZANTI

 


Il termine “fertilizzazione” si riferisce a delle procedure che tendono migliorare la composizione del terreno ed a renderlo più adatto alla crescita della pianta. Fertilizzare vuol dire, dunque, rendere fertile il terreno. In un termine più ampio, la fertilizzazione comprende tutte quelle tecniche colturali che puntano a migliorare le caratteristiche del terreno e a nutrire le piante. In tal senso, concimazione e fertilizzazione sono sinonimi. La fertilizzazione, a differenza della concimazione, si avvale sia dell’uso di concimi, detti anche fertilizzanti, che dell’esecuzione di specifiche tecniche colturali che rendono il terreno idoneo alla coltivazione delle piante. La fertilizzazione tramite uso di fertilizzanti ha anche uno scopo nutritivo, serve, cioè a fornire alle piante le sostanze fondamentali alla loro crescita, mentre la fertilizzazione colturale utilizza pratiche di spostamento, sollevamento e miscelamento del terreno al fine di renderlo più “morbido” e più ricettivo alla messa a dimora delle piante. La somministrazione di fertilizzanti al terreno non serve solo nutrire le piante, ma anche a migliorare la composizione del terreno ed correggerne eventuali squilibri chimico fisici. In base all’effetto che avranno sul terreno e sulle piante, si utilizzeranno fertilizzanti nutritivi, correttivi o ammendanti. La composizione di questi fertilizzanti, a prescindere dalle loro finalità, può essere sia chimica che naturale.

Fertilizzanti per nutrizione

terriccioI fertilizzanti per la nutrizione delle piante, sono dei composti, detti anche concimi, che si somministrano al terreno e alle piante al fine di fornire tutte le sostanze principali allo sviluppo vegetale. Possono essere chimici o naturali e contengono i principali elementi nutritivi delle piante, ovvero azoto, fosforo e potassio, chiamati anche macroelementi, ed altri minerali non fondamentali nel processo di nutrizione ( ferro, zinco, magnesio, calcio, boro, ecc.), chiamati microelementi, ma comunque importanti per il normale svolgimento delle funzioni metaboliche delle piante, quali la fotosintesi clorofilliana, la sviluppo dei fiori ed il rafforzamento dell’apparato radicale. Le esigenze nutrizionali di base delle piante sono simili ed i concimi con macroelementi a formula NPK sono quelli che non possono mancare nel processo di fertilizzazione nutritiva delle specie che si desidera coltivare. L’importante è conoscere le esigenze e le caratteristiche delle singole piante per non sbagliare nel dosaggio dei fertilizzanti. La somministrazione di questi prodotti avviene solitamente in due periodi dell’anno, a primavera e in autunno, mentre va sospesa nel periodo invernale. La combinazione dei vari elementi nutritivi cambia in base alla specie coltivata ed al periodo di somministrazione del prodotto. Usando le indicazioni riportate sulle confezioni dei fertilizzanti, difficilmente si potranno commettere errori di somministrazione, a patto di usare il fertilizzante giusto. In commercio esistono, infatti, fertilizzanti chimici o naturali per piante a fiore, per piante da frutto e per foglie verdi. Una maggiore concentrazione di azoto, ad esempio, migliora la colorazione delle foglie, mentre una fertilizzazione potassica migliora il colore dei petali. 

Fertilizzanti correttivi

torbaI fertilizzanti correttivi, come dice il termine, sono usati per correggere la composizione chimico fisica del terreno. Non tutti i substrati sono adatti alla crescita delle piante. I terreni troppo duri e calcarei, ad esempio, impediscono alle radici delle piante di assorbire correttamente le sostanze nutritive somministrate con i concimi. Prima della messa a dimora delle colture, i terreni “difficili” si possono correggere con fertilizzanti a funzione correttiva. In quelli troppo calcarei si potranno aggiungere fertilizzanti a base di sostanze acide che abbassano in Ph del terreno, in quelli troppo acidi, al contrario, si potranno usare fertilizzanti a base di calcio, che alza il Ph del terreno. I fertilizzanti possono avere anche una funzione ammendante, cioè di miglioramento e di ricostituzione delle caratteristiche del terreno che magari si sono depauperate a seguito del raccolto. Durante questa fase colturale, il terreno può presentare scarsità di macro e microelementi, mostrandosi poco adatto alla messa a dimora delle nuove colture.

Fertilizzanti chimici

compostI fertilizzanti chimici sono ottenuti da procedimenti di lavorazione industriale. Sia i macro che i microelementi vengono sintetizzati esclusivamente attraverso procedimenti chimici. Questo metodo di lavorazione permette di avere composti in forma liquida, granulare o in polvere. Questi prodotti possono essere semplici, cioè composti da un solo minerale, o complessi, cioè composti da più sostanze. I concimi chimici più utilizzati sono quelli a formula NPK ( azoto, fosforo, potassio) con aggiunta di microelementi. La disponibilità delle sostanze nutritive viene garantita dall’apposita formulazione chimica del prodotto, perché il solo composto minerale sintetizzato chimicamente non sarebbe assorbito dalle piante. Le possibilità di assorbimento sono possibili grazie alla combinazione di altri elementi chimici che danno vita ai nitrati, ai cloruri, ai solfati ed all’urea. In base al minerale prevalente nel composto si avranno fertilizzati azotati, fosfatici e potassici, che, combinati ad altre molecole, daranno vita rispettivamente ai nitrati ed all’urea di azoto, ai cloruri ed ai solfati di fosforo e di potassio. I vantaggi dei fertilizzanti chimici sono il basso costo e la facilità di trasporto. Di contro, queste sostanze hanno un elevato impatto ambientale e un discreto, se non notevole, effetto inquinante che altera la composizione del terreno privandolo dei suoi principali costituenti chimico fisici. I nitrati, ad esempio, sono ritenuti responsabili dell’inquinamento delle falde acquifere. Nonostante questo, la chimica offre anche dei fertilizzanti con proprietà ammendanti e correttive, cioè con effetti che migliorano la qualità del terreno. Tra questi ricordiamo l’acido vinilacetato maleico, i sali ferrici, la calciocianamide, il nitrato di calcio, il solfato ammonico e potassico, il cloruro potassico e il perfosfato minerale.

Fertilizzanti naturali

I fertilizzanti naturali sono ricavati da sostanze organiche lavorate tramite procedimenti naturali. Questi fertilizzanti, detti anche biologici, sono ottenuti da sostanze esistenti in natura che hanno subito processi di trasformazione organica ad opera di microrganismi e di fattori ambientali. Molti fertilizzanti biologici sono ottenuti da scarti vegetali e animali, che vengono sottoposti a processi di fermentazione o di essiccazione naturale. Qualsiasi fertilizzante sottoposto a procedimenti di lavorazione industriale perde la sua caratteristica di naturalità rientrando nella categoria dei concimi chimici o minerali. In commercio esistono concimi chimici arricchiti da sostanze naturali. In tal caso l’indicazione di fertilizzante biologico non è corretta, mentre si parla più specificamente di concime integrato. I fertilizzanti disponibili in natura sono tantissimi. Tra i più comuni ricordiamo lo stallatico o il letame, appositamente venduto da aziende specializzate perché ormai difficilmente reperibile nelle stalle. Lo stallatico è considerato il più efficace concime naturale per il suo apporto bilanciato di azoto, fosforo e potassio e per la sua quota di microelementi che produce un buon effetto correttivo ed ammendante del suolo. La fertilizzazione del terreno e delle piante può avvenire anche con altre sostanze del tutto presenti in natura, come l’argilla e la sabbia, che possiedono effetti correttivi, ma anche con il sangue essiccato di animali, l’humus e il compost, dotati di elevate proprietà nutritive.


Humus

L’humus è il principale fertilizzante naturale. Lo si ritrova su suoli e terreni forestali o di paludi e si forma dalla decomposizione di sostanze vegetali ( resti di piante, legna, foglie e fiori secchi) ad opera di microrganismi. La decomposizione si compie in maniera del tutto spontanea, portando alla scissione delle molecole vegetali in carbonio ed in altri elementi nutritivi. Il processo di decomposizione può avvenire in ambienti diversi ( secchi o umidi) dando vita a fertilizzanti con differenti proprietà. La scissione dei materiali organici da parte dei batteri porta alla formazione delle torba, composto naturale usato nella preparazione dei terricci per vasi. La torba non solo è nutriente ma possiede anche proprietà ammendanti. Da questo composto si forma il carbone. La formazione della torba avviene dalla decomposizione di resti vegetali immersi in acqua. Oltre alla torba nera esiste anche quella bianca, senza azoto e sali minerali, usata per la concimazione delle piante carnivore. Nelle foreste e nelle praterie si forma, invece, l’humus calcico, mentre nelle paludi, quello acido. Questo composto possiede notevoli proprietà correttive ed ammendanti del suolo, consentendo un miglior assorbimento dello sostanze nutritive da parte delle piante.

Compost

Il compost è un fertilizzante naturale che, come l’humus, si forma dalla decomposizione di sostanze di scarto. A differenza dell’humus però, la decomposizione avviene tramite procedimenti umani( non industriali o chimici) che ricreano ambienti favorevoli allo sviluppo di microrganismi decompositori di materia organica. Il compost si può ottenere dalla decomposizione di rifiuti vegetali ed alimentari, come avanzi dei pasti, bucce della frutta, foglie e piante secche, legna, resti di insetti ed animali. Tutte le sostanze di scarto vengono collocate in appositi impianti, detti di compostaggio, dove in particolari condizioni di temperatura, umidità ed aerazione, si sviluppano dei microrganismi in grado di scindere gli scarti in molecole più semplici contenenti carbonio, azoto, fosforo e potassio. Il compost si può ottenere anche con il fai da te ricorrendo a dei procedimenti detti cumulo e compostaggio di superficie. Il compost per cumulo si ottiene triturando degli scarti organici (fiori secchi, paglia, fondi di caffè, foglie e gambi dei legumi, frutta, ecc.) a cui va aggiunta della legna per migliorare il processo di decomposizione. Il mucchio, tritato a mano o con un tritatutto, va arricchito con del letame, che potenzia la componente nutritiva del compost. Il materiale va collocato in uno spazio ben areato, ma protetto sia delle alte temperature che dall’umidità. In caso di caldo, il compost va umidificato, mentre in caso di pioggia eccessiva va coperto per evitare lo sviluppo di muffe dannose. Il compost per cumulo si ottiene con gli stessi metodi del compostaggio di superficie, solo che il materiale tritato viene fatto decomporre ai piedi delle piante. Per garantire una buona aerazione è consigliabile rimestare spesso il mucchio, mentre il terreno va adeguatamente zappato prima della collocazione del futuro compost.


Metodi fertilizzanti

La fertilizzazione si avvale anche di determinate pratiche colturali che migliorano le proprietà chimico fisiche del terreno e lo rendono più adatto alla coltivazione delle piante. Tra queste pratiche ricordiamo l’aratura e il sovescio. Nel primo caso il terreno va zappato e rivoltato in zolle. Questa operazione rende il suolo più areato favorendo lo sviluppo di microrganismi che stimolano un miglior assorbimento delle sostanze nutritive. Il potenziamento della capacità di assorbire le sostanze nutritive viene fornito anche dal sovescio, ovvero dall’interramento di colture speciali che rendono più fertile il suolo. Questa pratica migliora l’assorbimento dell’azoto nitrico presente nell’atmosfera ed evita anche il fenomeni di erosione e dilavamento che privano spesso il terreno delle sostanze utili alla nutrizione delle piante.


martedì 23 febbraio 2021

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : LA CONCIMAZIONE


 La concimazione è una pratica fondamentale nel giardinaggio e in agricoltura. Consiste nel somministrare, al terreno e alle piante, delle sostanze in grado di migliorare la composizione del suolo e di nutrire le specie coltivare al fine di favorirne la crescita sana e rigogliosa. Nella pratica agraria non esiste un solo metodo di coltivazione, ma tantissime tecniche, che vanno adattate alla specie di pianta coltivata, al clima e alle caratteristiche chimico fisiche del terreno. Generalmente, le sostanze che vengono fornite alle piante e al suolo durante la concimazione, sono quelle fondamentali per la crescita vegetale, ovvero azoto, fosforo, potassio, calcio, e quelle che fanno da completamento allo sviluppo vegetale e al mantenimento delle condizioni del terreno, ovvero calcio, zinco, ferro, magnesio, manganese e altri. Questi minerali esistono anche in natura, ma eventi climatici e terrestri, come pioggia, dilavamento, erosione, li rendono indisponibili per le piante e per il terreno stesso, dove si disperdono in grandi quantità. Alcuni di questi elementi sono anche molto volatili, cioè si disperdono anche nell’aria e non sono facilmente assorbibili dalle piante, se non attraverso adeguate tecniche di concimazione e di preparazione del terreno. Concimare consiste, dunque, nel somministrare nutrimento al terreno e alla pianta. Il termine è sinonimo di fertilizzare che significa anche rendere fertile il terreno per predisporlo alla crescita delle specie vegetali coltivate. La concimazione, dunque, ha un doppio effetto: nutritivo e fertilizzante. Non a caso i prodotti usati per la concimazione vengono anche chiamati “fertilizzanti”. All’interno della concimazione in senso lato si distinguono diverse tipologie di fertilizzazione che tengono conto della qualità del suolo e delle specifiche caratteristiche delle piante da coltivare.

Tipi di concimazione

Anche se il significato della concimazione è unico ed è stato chiarito al precedente paragrafo ( nutrimento e fertilizzazione), la somministrazione di sostanze al terreno e alle piante può avvenire anche per altri scopi sempre funzionali all’obiettivo principale, cioè alla possibilità che le piante crescano sane e resistano a condizioni ambientali avverse e alle malattie. La concimazione si può effettuare anche per modificare le caratteristiche chimiche del terreno, in tal caso si parla di concimazione correttiva. Si corregge un terreno quando si modifica il suo livello di acidità, indicato con l’unità di misura pH. La correzione del grado di acidità o del pH del terreno si rende necessaria quando alcune specie di piante coltivate non sopportano l’acidità eccessiva del suolo o al contrario la sua scarsa acidità ( basicità). Un terreno è scarsamente acido o basico quando è molto ricco di calcio. Alcune piante, come azalee, rododendri e le eriche sono dette acidofile poiché non reggono l’eccessiva presenza di calcio nel suolo. Se il suolo è troppo calcareo bisogna correggerlo abbassando la quantità di calcio presente, al contrario, se è troppo acido e si decide di coltivare leguminose che amano il calcio, bisogna somministrare al terreno la necessaria quantità di calcio. La concimazione può anche servire a modificare le caratteristiche fisiche del terreno, come la compattezza, il grado di umidità, la secchezza. In tal caso si parla si concimazione ammendante. Il miglioramento delle caratteristiche fisiche del terreno è essenziale per consentire alle radici della pianta di assorbire la giusta dose di sostanze nutritive. Naturalmente tutto dipenderà dal tipo di pianta coltivata. Ci sono specie che amano i terreni ben drenati e in tal caso sarà indispensabile concimare il suolo con sostanze che favoriscano un’adeguata umidità dello stesso. Come si può notare, la concimazione può soddisfare diverse esigenze colturali e tutte funzionali alla crescita regolare delle piante e al sano mantenimento della struttura chimico fisica del suolo. La concimazione che prepara il terreno ad accogliere i semi delle nuove piante o le piccole piantine, si chiama concimazione di fondo, quella che precede il raccolto o che lo segue, viene detta anche concimazione ordinaria, poiché si effettua periodicamente e alcune volte l’anno sulla base delle esigenze nutritive e di sviluppo vegetativo della pianta. La concimazione che precede il raccolto viene anche detta anticipatoria, mentre quella che avviene dopo la raccolta delle colture si chiama di restituzione. Chiariremo meglio questi concetti quando parleremo della procedura di concimazione.

Cosa si usa

concimazione3-1La concimazione del terreno si effettua usando dei composti o delle miscele che contengono i principi nutritivi da somministrare alla pianta e al terreno. Questi composti si chiamano concimi o fertilizzanti e possono essere chimici o naturali. I concimi chimici sono quelli in cui gli elementi nutritivi ( azoto, fosforo, calcio, potassio), detti macroelementi, e quelli secondari ( ferro, zinco, manganese, ecc.) detti microelementi, vengono ottenuti da processi di lavorazione industriale, cioè vengono ottenuti estraendoli da procedimenti chimici; mentre quelli naturali vengono ricavati da materie organiche esistenti in natura, come il letame, la torba, il sangue secco di animali macellati e simili. I concimi naturali contengono sia gli elementi nutritivi che i microelementi, solo che questi ultimi sono naturalmente presenti nelle sostanze utilizzate per concimare e non devono essere estratti tramite procedimenti chimici. I concimi naturali vengono anche chiamati organici ( per il materiale di provenienza) o biologici, per indicarne la naturalità e la purezza. A volte, per una migliore utilizzazione degli elementi nutritivi da parte del terreno e delle piante, è necessario usare concimi naturali sottoposti a essiccazione. L’essiccazione consiste nel far disidratare la materia organica, che perderà le sostanze inutili e manterrà inalterate quelle utili alla concimazione. Quando il concime naturale viene essiccato si parla anche di fertilizzante maturo.

Vantaggi concimazione naturale

concimazione4-1I concimi organici maturi garantiscono una buona dose di azoto, fosforo, potassio, calcio e una giusta quantità di microelementi. Inoltre hanno il vantaggio di non essere tossici per l’ambiente e di non depauperare le proprietà del terreno, cosa che accade con l’eccessiva concimazione chimica. Per le grandi aree coltivate, la concimazione naturale ha sempre rappresentato un costo, visto che le sostanze naturali devono essere trasportate dal luogo di origine a quello di produzione. Con gli anni, poi, a causa dei trattamenti industriali a cui vengono sottoposti gli allevamenti, la concimazione organica con i liquami è diventata inquinante al pari di quella chimica. La concimazione naturale è praticabile nei giardini e negli orti, perché le piccole superfici coltivate permettono di ammortizzare i costi dei concimi naturali, spesso più elevati di quelli chimici. Lo stallatico maturo, ad esempio, si può reperire presso allevatori locali. Purtroppo, se non si hanno adeguate conoscenze di agraria, la somministrazione a occhio dei concimi organici può causare sintomi da carenza o da eccesso di concimazione nelle piante. L’alternativa alla concimazione organica a occhio è quella di usare i concimi organici commercializzati dalle aziende produttrici di concime. Lo stallatico maturo, in questi casi, viene commercializzato in confezioni che indicano esattamente la quantità da utilizzare e il periodo ideale della concimazione.

Come concimare

La concimazione, per essere davvero efficace, deve seguire delle tecniche e delle fasi ben precise. La somministrazione delle sostanze nutritive va effettuata prima della semina, in sede di impianto di nuove piantine e nella fase di crescita delle stesse. La concimazione del primo impianto rende il terreno adatto alla crescita ed alla coltivazione delle varie specie vegetali. In agricoltura e giardinaggio, questa pratica viene anche chiamata concimazione di fondo o preparatoria. Il periodo ideale per eseguirla è in autunno. Il terreno va lavorato con appositi attrezzi, tra cui la vanga e il rastrello o il badile, che permettono di scavare sul suolo dei solchi profondi circa quaranta centimetri. In questi solchi dovrà essere distribuito il concime. La necessità di creare delle buche dipende dal fatto che le piante assorbono le sostanze nutritive dalle radici e queste ultime penetrano nel terreno proprio a una certa profondità. Senza questi solchi, le radici non riuscirebbero ad assorbire né azoto, né fosforo e né potassio. Il concime si può distribuire manualmente o meccanicamente. La concimazione meccanica è frequentemente usata in agricoltura, dove si fertilizzano grandi superfici coltivate, mentre in giardino o in un piccolo orto si può procedere anche manualmente. Se lo spazio lo consente, si può ricorrere anche alla concimazione meccanica che si effettua con macchine spargi concime. La quantità del concime da distribuire dipenderà dal tipo di pianta e dalla superficie coltivata. In genere, sia i concimi chimici che quelli naturali, nelle confezioni di acquisto riportano esattamente il loro dosaggio ideale e le modalità di somministrazione.


Quando concimare

La concimazione delle piante corrisponde al nutrimento di qualsiasi essere vivente. Tutte le specie viventi, compresi gli essere umani, si nutrono per mantenersi in vita e lo stesso vale per le piante. Queste ultime, però, non potendo parlare, non possono scegliere quando nutrirsi e, dunque, spetta a noi conoscere le loro necessità nutritive per soddisfarle nei giusti tempi e nel giusto modo. La concimazione delle piante va effettuata circa tre volte all’anno. La frequenza della somministrazione dei fertilizzanti dipenderà anche dal tipo di concime utilizzato e dal tipo di pianta coltivata. Quando questa è in fase di crescita, va generalmente concimata tra la primavera e l’autunno. La concimazione primaverile prosegue con regolarità per tutta l’estate, mentre va sospesa verso il mese di ottobre. Questa tempistica di concimazione va applicata per le piante a fiore, sia quelle in vaso( da appartamento e da esterno) che a terra, per il prato, le piante orticole, gli alberi da frutto e da fiore coltivati in giardino, e gli arbusti giovani. La concimazione invernale è valida solo per le piante da interno posizionate in ambienti troppo caldi.

Concimazione agricola

Nelle grandi superfici coltivate si parla anche di concimazione anticipatoria e di restituzione. Si tratta di interventi di fertilizzazione che vengono effettuati in corrispondenza di due importanti periodi di sviluppo della coltura: quello che precede il raccolto e quello che lo segue. Prima del raccolto si somministra la quota di concime che andrà dispersa con l’asportazione della pianta; questo intervento si chiama concimazione di anticipazione. Se il concime viene somministrato dopo aver asportato i frutti della pianta, si parlerà di concimazione di restituzione, ovvero di un intervento che restituisce al terreno tutte le sostanze perse a seguito delle operazioni di raccolta. In agricoltura, queste tipologie di concimazione sono molto diffuse perché i terreni vengono sottoposti a diversi cambiamenti e rotazioni colturali. Le tecniche di concimazione anticipatoria e di restituzione sono molto simili a quelle di preparazione del terreno, ma con dosaggi dei concimi totalmente differenti.


Concimazione fogliare

La concimazione si può effettuare somministrando concimi chimici o minerali all’’interno del terreno. In commercio esistono anche concimi che possono essere somministrati per via aerea, cioè sulle parti apicali della pianta. Quando il concime viene somministrato sulla pianta e non dentro il terreno, si parla anche di concimazione aerea o fogliare. La concimazione fogliare è necessaria quando il terreno presenta delle condizioni di scarso assorbimento dei microelementi contenuti nei concimi tradizionali. In questo caso, sulle foglie, si possono somministrare concimi che contengono i microelementi, ovvero zinco, ferro, manganese, rame. Si tratta di sostanze meno importanti dell’azoto, del fosforo e del potassio, ma in ogni caso indispensabili al sano sviluppo vegetativo della pianta.

lunedì 22 febbraio 2021

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO: PIANTE A FIORITURA PRECOCE IL GELSOMINO D'INVERNO

 


Questa specie di gelsomino è originaria della Cina, ed è un arbusto a foglie caduche, resistente al freddo. Si presenta come un ciuffo, più o meno denso, di sottili rami verde scuro, dritti e rigidi; le foglie sono lucide, leggermente cuoiose, verde scuro anch'esse, e sono costituite da tre piccole foglioline. Questo arbusto verso la fine dell'inverno ci regala una splendida fioritura di piccoli fiorellini gialli, che sbocciano a partire dalla base dei rami, prima della comparsa delle foglie.

Il g. di S. Giuseppe spesso tende a crescere abbondantemente, raggiungendo anche i 2-3 metri di altezza, per ottenere una forma compatta è consigliabile potarlo appena dopo la fioritura; ogni 3-4 anni è possibile procedere ad un rinnovo totale dei rami del g. d'inverno, potando il gelsomino a 10-15 cm dalla base. Il portamento parzialmente strisciante del Jasminum nudiflorum rende la pianta adatta anche come tappezzante, oppure come rampicante, ma solo se collocata a ridosso di apposite strutture su cui farla crescere.




Il gelsomino d'inverno o g. di S. Giuseppe è una pianta molto rustica, che vegeta bene in qualsiasi posizione, sia in pieno sole che all'ombra completa.

Ricordiamo comunque che le piante in pieno sole fioriscono copiosamente, mentre quelle all'ombra tendono a produrre più foglie che fiori. Se gli inverni sono particolarmente rigidi può occasionalmente accadere che il gelo rovini i boccioli floreali del Jasminum nudiflorum .

Se si vive in zone con inverni molto freddi è quindi opportuno vigilare e, se necessario, coprire la pianta con tessuto non tessuto in dicembre e in gennaio.

Nelle zone con clima molto caldo si suggerisce di posizionare il gelsomino in luogo semiombreggiato. Il G. di S. Giuseppe non ha particolari necessità per quanto riguarda il terreno, poichè si adatta benissimo anche nella terra di giardino; per migliorare lo sviluppo della pianta è comunque bene mantenere il substrato ricco di humus, aggiungendo ammendanti e concimi se la crescita della pianta e le fioriture sono troppo scarse.

Nel mettere a dimora questo arbusto si ricorda di garantire un buon drenaggio aggiungendo materiale grossolano al terreno intorno alle radici.




All'inizio dell'autunno si possono prelevare talee di circa 10-15 cm, che vanno fatte radicare in un miscuglio di torba e sabbia in parti uguali; le piantine vanno tenute in luogo protetto per almeno due inverni prima di poter essere messe a dimora in giardino. I fusti ricadenti tendono spesso a radicare spontaneamente a contatto con il suolo; in questo caso è sufficiente asportare un fusto radicato dalla pianta madre, ed interrarlo direttamente a dimora.



Il Jasminum nudiflorum è una pianta piuttosto rustica e resistente, ma nonostante ciò può essere attaccato da afidi e da cocciniglie, che rovinano le foglie. Per questo motivo è bene intervenire con trattamenti preventivi con prodotti insetticidi a largo spettro prima della fioritura o con sostanze specifiche quando la pianta viene colpita da questi parassiti, così da contrastarne velocemente e in modo definitivo i possibili effetti negativi.


domenica 21 febbraio 2021

VERDE TIME LEZIONI DI GIARDINAGGIO : PIANTE A FIORITURE PRECOCE IL COTOGNO DEL GIAPPONE

 



Il Chaenomeles (o Cydonia o Cotogno del Giappone o Fior di Pesco) è un arbusto conosciuto ai più con il romantico nome  Fior di pesco; è noto anche come Cotogno da fiore o Cotogno giapponese, nome che rende note quelle che sono le sue origini orientali.Il Chaenomeles  fa parte della famiglia delle Rosaceae genere chaenomeles che deriva dal greco e significa “frutto che si spacca”. Il genere comprende quattro specie e moltissimi ibridi, tutti rustici.



Il Chaenomeles  un arbusto, o piccolo albero, a foglia caduca molto amato per la sua fioritura precoce e variopinta oltre che per suoi frutti. È estremamente facile da coltivare e che può essere inserito in tutti i giardini.

Ha  dimensioni medie  la sua altezza non supera i 150-200 centimetri, fiorisce precocemente (inizia a fine inverno), ha le spine acuminate che coprono i rami e i frutti prodotti. I fiori, che non profumano, hanno petali di un colore intenso che va dal rosa al rosso, con stami gialli.Con il procedere della primavera dopo la fioritura la pianta produce dei piccoli frutti che, visti da vicino, ricordano le mele cotogne e sono commestibili, previa cottura, dato il  sapore aspro.

Il genere comprende quattro specie e moltissimi ibridi, tutti rustici: la japonica (rinvenuta in Giappone, ma con tutta probabilità originaria della Cina), la speciosa (sempre endemica di tutto il Sud-est asiatico), la cathayensis e la thibetica, scoperta soltanto nella metà del 1900.



La Chaenomeles japonica

La Chaenomeles japonica è un arbusto spogliante, alto 2 m e largo 1,20 m, a crescita media; presenta foglie verde bottiglia e nei mesi di febbraio-aprile produce  numerosi fiori medio – grandi, rosa o rosso.


Chaenomeles speciosa

I suoi fiori sbocciano a mazzetti a fine inverno, o inizio primavera, talvolta anche sotto le ultime nevicate della stagione, sui rami nudi e sono di un bel colore rosso, con stami gialli al centro. Durante l’ autunno maturano frutti giallo-oro, tondeggianti, non commestibili. Crescono senza problemi su qualunque terreno, tollerano poco e male le potature, peraltro spesso superflue data la lentezza nella crescita.


Chaenomeles cathayensis

Si tratta di un arbusto deciduo spinoso o albero che cresce fino a 6 metri di altezza. Le foglie sono appuntite, spesso dentate e ovali a forma di lancia. Produce  fiori a campana rosa o bianchi la cui larghezza arriva fino a 4 centimetri. Il frutto è un pomo giallo-rosso profumato di 6 o 7 centimetri di larghezza.


Chaenomeles  thibetica

E’ un arbusto deciduo molto spinoso o un piccolo albero che può crescere da 150 a 300 cm di altezza

Tra i molti ibridi citiamo

Chaenomeles x superba ´Crimson and Gold´con fiori invernali color rosso scuro.

Chaenomeles x superba ´Cameo´, con stupendi fiori doppi color pesca.

Chaenomeles x superba ´Pink Lady´, con fiori di colore rosa scuro con fioritura precoce invernale.



Se si posiziona  in pieno sole la fioritura sarà di certo favorita, ma può essere posto anche a mezz’ombra; in tal caso occorre esporlo ad Est, in modo che la luce possa arrivare ad illuminarlo nelle prime ore del mattino. La pianta tollera bene i climi rigidi e anche il caldo. In aree alpine al di sopra degli 800 metri può essere una buona idea collocarlo nei pressi di un muro, così che venga protetto dai venti.Si adatta senza problemi a qualsiasi tipologia di terreno tranne che i terreni che presentano una percentuale elevata di calcio. Dovrebbero essere anche evitati, o migliorati, i suoli troppo compatti dove non è garantito un buon drenaggio delle acque. In quel caso occorre intervenire prima dell’impianto predisponendo sul fondo della buca uno spesso strato drenante.Una volta messo a  dimora, il fior di pesco deve essere annaffiato e seguito per i primi 12 mesi; dopo le innaffiature dovranno essere limitate, generalmente sono sufficienti le piogge. Tuttavia, in caso di periodi prolungati di siccità occorre annaffiare la pianta. Il fior di pesco non tollera i ristagni d’acqua. Nel periodo autunnale l’arbusto perde totalmente il fogliame, entrando in una fase di riposo vegetativo; quindi, fino a quando le temperature non torneranno a salire le innaffiature vanno sospese anche in vaso.
E’  consigliata una  potatura annuale al termine della fioritura; la potature evita uno sviluppo troppo denso ed evita che il formarsi di eventuali rami interni che non riceverebbero la luce del sole. Durante la potatura si tagliano sia i rami più vecchi e sottili sia i rami rovinati. Le fioriture di queste piante sono spettacolari, a seconda della varietà, avvengono  da febbraio a maggio.

I fiori, in piccoli grappoli, ben sparsi lungo i rami privi di foglie, sono formati da corolle semplici o doppie, con diametro massimo di 5 cm. Le corolle semplici sono formate da 5 petali arrotondati con al centro un bel ciuffo di stami gialli. I colori sono tantissimi: si va da rosso acceso al bianco, dal  rosa tenue al fucsia al salmone all’arancio.

Verso la fine della fioritura compaiono anche le foglie, ma sicuramente questi arbusti sono molto più vistosi quando privi di foglie, perchè i fiori spiccano molto sui rami scuri e spogli, che paiono secchi. In primavera inoltrata ai fiori seguono piccoli frutti, che somigliano a piccole mele cotogne, i frutti hanno un sapore asprigno ma sono commestibili, previa cottura.

I frutti del Chaenomeles vengono utilizzati in composte o marmellate, o aggiunti a confetture di altri frutti, per renderle più dense, vista la ricchezza di pectina di queste piccole mele.

TALEA

Vanno prelevati da getti laterali della pianta i  rami semilegnosi, agostati, della lunghezza di circa 10 cm. Il taglio va poi spolverato con ormoni radicanti e si procede ad inserirli  in una composta molto leggera e drenante. l’umidità va manteniamo alta, per questo il contenitore va coperto con della plastica. Per ottenere una radicazione veloce si deve mantenere sempre la temperatura al di sopra dei 16°C. Le piantine possono generalmente essere poste in vasetti singoli già da ottobre e  la primavera successiva si possono metterle a dimora definitiva.

Queste piante possono manifestare i seguenti problemi:

  • la ticchiolatura e la monilia sono crittogame frequenti alle quali consegue il disseccamento dei fiori e delle foglie, oltre che alla formazione dei cancri rameali. Il rame risulta ottimo per la prevenzione.
  • quando si alternano giornate calde a giorante umide può manifestarsi l’oidio, si può prevenire usando zolfo bagnabile.
  • Come tutte le Rosaceae il cotogno da fiore è soggetto al colpo di fuoco batterico. Si deve prestare particolare attenzione nel caso si manifestino disseccamenti rameali

  • Abbinamenti in giardino
  • Il Chaenomeles si abbina arbusti a fioritura primaverile, ad esempio chymonanthus, deutzie o forsizie. È perfetto per la creazione di siepi rustiche miste con altri arbusti con spine. In questo modo avrà anche una funzione difensiva. Si abbina perfettamente al biancospino, al prugnolo e all’olivello spinoso.

    Si può coltivare anche come rampicante dato  che i suoi rami sono lunghi e molto flessibili.

    Perfetto  anche come esemplare isolato. È adatto alla creazione di bonsai, meravigliosi per fioritura e fruttificazione.

I chaenomeles sono tutti originari dell’Asia centrale e Sudorientale. La prima specie, la japonica, venne trovata alla fine del 1700 da Thumberg in Giappone. Più tardi, Sir Joseph Banks, scoprì  anche la speciosa. Entrambe furono  introdotte in breve tempo in Europa, alla fine del 1800 si poteva già attingere ad un catalogo di oltre di 40 varietà. I primi ibridi furono ottenuti da G. Frahm nel 1900.
Nel linguaggio dei fiori simboleggia la tentazione forse per via dei frutti che ricordano la mela.