VERDE TIME

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lunedì 30 ottobre 2017

LAVORARE IL TERRENO IN AUTUNNO



Novembre coincide con le ultime fioriture e le raccolte finali di frutti e ortaggi: e il giardiniere è portato a pensare di 
riposarsi, finalmente! Niente di più sbagliato: questo mese porta anche con sé l’ultimissima faticaccia dell’annata, la lavorazione del terreno, dopo la quale effettivamente il giardiniere può mettersi in panciolle. 
PER MIGLIORARE IL SUOLO
Partiamo dall’ultima domanda, che è retorica: ovviamente non basta in assoluto, perché, se per un albero o un arbusto di taglia media la creazione della buca è sufficiente, per le piante erbacee, quelle da orto e il prato non può essere abbastanza. La terra, infatti, deve essere lavorata innanzitutto per rompere la crosta superficiale (o “suola di lavorazione”) che si forma ogni anno. Poi, secondo il giardinaggio tradizionale, per rimescolare gli strati più superficiali con quelli più profondi, in modo da rimiscelare gli elementi nutritivi e la granulometria (ossia lo scheletro del terreno, cioè le particelle di sabbia, ghiaia, limo, sassolini ecc.) del suolo.
Quindi per decompattare la terra, indurita dalle coltivazioni o dal calpestamento, e incorporarvi nel contempo buone quantità d’aria, in modo da renderla soffice. E anche per aggiungere sostanze nutritive (concimi) o correttive (per migliorare la struttura del suolo o modificarne la natura chimica) fino in profondità. Infine per sminuzzare le zolle, in modo che le particelle finissime siano più accoglienti per le radici delle nuove piante e non le danneggino.
Ma perché proprio adesso, tutta questa corvée? Paradossalmente, per dimezzare la fatica e il tempo: se la terra viene lavorata tra la metà di ottobre e quella di dicembre, a seconda delle zone e del termine della coltura precedente, basterà un solo passaggio di lavoro, perché il resto dell’opera verrà compiuto senza alcuno sforzo da parte del giardiniere, a opera delle intemperie invernali. Sarà infatti l’alternanza tra freddo (o gelate) notturno e tepore diurno, tra piogge intense, nevicate e manto nevoso, giornate asciutte, in un mix perfetto, a operare un’ulteriore lavorazione, sminuzzando le particelle di terra, mescolandole alle parti solide, rendendole friabili e accoglienti, sciogliendo il concime e miscelando le sostanze nutritive alla terra. Al termine, tra la metà di febbraio e quella di aprile, il suolo sarà in perfetto equilibrio, e basterà una leggera, e poco faticosa, lavorazione superficiale per ottenere un letto di semina o di piantagione assolutamente perfetto.
QUANDO PROCEDERE
Tra metà ottobre e metà dicembre, tutte le parcelle di terreno che via via si liberano da piante erbacee o da orto vanno lavorate; così come va lavorato l’intero terreno destinato a un nuovo giardino, tappeto erboso, orto, frutteto.
Il suolo non deve essere gelato: l’avvertenza vale soprattutto per le zone di montagna, dove già a fine ottobre la terra può congelarsi a 10 cm di profondità. La terra, inoltre, deve essere “in tempera”, cioè né troppo asciutta (si polverizzerebbe), né troppo umida (sarebbe impossibile da penetrare, appiccicandosi alla vanga oltre che alle suole delle scarpe): prendendo in mano una noce di terra, dovete riuscire a formare una pallina che non si appiccica alle dita. La giornata perfetta è ovviamente asciutta, più o meno soleggiata, non troppo fredda. Le fasi lunari, invece, non hanno alcuna influenza sulle lavorazioni della terra, che possono essere svolte indifferentemente in luna calante o crescente.
IN GENERALE, COME SI FA
Quando la coltura si esaurisce, il primo passo consiste nel rimuovere tutti i residui delle piante morte o comunque a fine ciclo: è vero che, reincorporati alla terra, apporterebbero preziosa sostanza organica, ma anche – eventualmente – spore (“semi”) di funghi parassiti o uova di insetti che facilmente hanno infestato le piante durante la bella stagione. Quindi, meglio rimuovere il tutto con cura, gettandolo tra i rifiuti organici (non nella compostiera casalinga). Quindi si distribuiscono il concime e/o le sostanze correttive (vedi oltre) da incorporare alla terra.
Poi si passa all’apertura del terreno, da effettuarsi normalmente con una vanga, oppure con una zappa su terreni duri e compatti o sassosi, o con una motozappa su vaste estensioni (oltre 100 mq). Se il suolo viene lavorato ogni anno e andrà a ospitare piante erbacee o da orto, è sufficiente incidere fino a 20, massimo 30 cm di profondità, sollevando la terra in modo da romperla e rimescolarla. Se invece si tratta di un terreno incolto, sarebbe veramente meglio arrivare sino a 50-60 cm di profondità, anche per spezzare le radici delle malerbe esistenti: è un tipo di lavorazione da effettuare solo a macchina, preferibilmente con una motozappa professionale. Nel caso di singole buche per arbusti o alberi, la profondità è invece di 30-50 cm a seconda delle dimensioni della pianta da mettere a dimora (vedi Giardinaggio n. 9/2013). Questa accurata lavorazione autunnale viene definita “lavorazione di fondo”, proprio perché si spinge in profondità e rappresenta la base per le successive operazioni, più superficiali.
Durante la lavorazione e nei mesi successivi, evitate di calpestare la terra lavorata (vedi scheda I nostri consigli). Se proprio lo dovete fare più volte, al termine rilavorate le zolle con un sarchiatore o un erpice nei primi 5-8 cm per favorirne l’aerazione. In primavera, sarà sufficiente passare il sarchiatore su superfici molto piccole, il rastrello su estensioni un po’ più grandi, e la fresa se invece la lavorazione è stata profonda e su grandi dimensioni di terreno.
IN GIARDINO
Se la lavorazione riguarda l’impianto di un intero nuovo giardino dopo una ristrutturazione edile, il primo passo consiste nell’eliminazione accuratissima di tutti i residui di laterizi, plastiche e altri rifiuti da cantiere. Segue, preferibilmente, l’asportazione dei 20-30 cm più superficiali di terra, sicuramente compattata e rovinata da calpestamento e sostanze varie. Questa va sostituita con altri 20-30 cm di buona terra di riporto (quella migliore è scura o rossa, è morbida e “sa di terra”, oltre a costare un po’), alla quale va mescolato il concime man mano che viene versata sul terreno, in modo che, con il successivo spargimento, venga ben mescolato al substrato. Lo spargimento si effettua con il rastrello e, con l’eccezione della porzione destinata a tappeto erboso, la terra non va rullata.
Nei giardini preesistenti, sulle singole aiuole a fine ciclo, dopo aver eliminato i residui delle piante morenti, distribuite il concime e lavorate subito la terra a 20 cm di profondità con la vanga o la motozappa.
Per realizzare una nuova siepe o sostituirne una vecchia, invece, è necessario lavorare una striscia di terreno larga 50 cm e profonda altrettanto, per la lunghezza desiderata, preferibilmente con la motozappa; durante la lavorazione vanno asportati tutti i residui di radici degli arbusti precedenti; la messa a dimora delle nuove piante avverrà in primavera.
PER IL NUOVO PRATO
Per realizzare un nuovo manto erboso, se si parte dalla fine del cantiere edile, valgono le indicazioni già date per il nuovo giardino, terminando con una buona rullatura (rullo da almeno 50 kg) per pressare grossolanamente la nuova terra. In primavera si passerà con il rastrello su piccole superfici e con la fresa su quelle più estese, per livellare il terreno appena prima della semina.
Se invece si vuole sostituire un prato ormai esaurito o infestato, è bene asportare i primi 10 cm di terra (con tutte le erbe preesistenti e la maggior quantità di radici), sostituendola con altrettanta terra per tappeto erboso. Poi si spiana grossolanamente il substrato, si distribuiscono il concime e/o le sostanze correttive e si passa più volte con una motozappa o motocoltivatore fino a 15-20 cm di profondità, avendo cura di eliminare eventuali detriti, pietre e radici che emergono man mano. In primavera si procederà come sopra.
NELL’ORTO È FONDAMENTALE
Nella zona destinata alle piante orticole, il perfetto equilibrio del terreno è indispensabile, se si vogliono ottenere buoni e abbondanti ortaggi. La terra deve essere morbida, priva di sassi o detriti di vario genere, profonda, fertile e di medio impasto (quindi né compatta né sciolta). Anche in questo caso, il tipo di lavorazione varia a seconda del passato dell’appezzamento.
Se l’area era già destinata a orto, basta una lavorazione superficiale (20 cm) con la zappa – dopo aver distribuito il concime e/o i correttivi – e un livellamento per allestire il letto di semina o trapianto.
Se si tratta di una zona incolta, è indispensabile eliminare le erbacce, a mano (scerbatura), con la fresa, con la vanga o, per i meno ecologici, con un diserbante fogliare non residuale; e poi lavorare il suolo con una motozappa fino a 30 cm di profondità, dopo aver incorporato i soliti concimi e/o correttivi.
Se infine il luogo è servito come cantiere, è indispensabile sbancare fino ad almeno 50 cm di profondità e riportare un buon terriccio fertile.
NULLA NEL FRUTTETO
L’area adibita a frutteto familiare si salva dalle lavorazioni del terreno perché è di gran lunga preferibile mantenerla costantemente inerbita. I vantaggi dell’erba sono molti: il frutteto è praticabile anche in periodi dell’anno molto piovosi, l’erba arricchisce il suolo di sostanza organica (anche per la presenza di lombrichi) e lo mantiene fresco, limita lo sviluppo in profondità delle radici degli alberi e perciò rende più efficace l’impiego del concime, e soprattutto evita i danni ai tronchi e alle radici causati dalle lavorazioni meccaniche.
Se il frutteto è un nuovo impianto su terreno già inerbito, la lavorazione del terreno si limita alle buche di piantagione (di almeno 50 cm di profondità).
Se invece il suolo è nudo perché è di riporto a seguito del solito cantiere edile, va coperto d’erba con un miscuglio di graminacee e leguminose, scegliendo specie a ridotto sviluppo radicale, limitate necessità idriche e buona durata nel tempo. La semina va effettuata a inizio autunno o in primavera, mescolando con sabbia fine e ben asciutta il seme, che è di piccole dimensioni, in modo da ripartirlo nel modo più uniforme possibile.
In ogni caso, il prato deve essere falciato tre volte l’anno, in primavera prima della fioritura delle erbe spontanee (così le api visiteranno solo i fiori degli alberi da frutto), estate e inizio autunno.

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