L’Ibisco, così chiamato anche dai popoli antichi, deve il suo nome all’Ibis: si riteneva infatti che questo uccello, originario di zone umide come peraltro anche molte specie di ibisco, si nutrisse dei fiori di questa pianta. Nonostante oggi sia stato chiarito l’equivoco, l’ibisco continua a portare ancora un nome simile a quello del volatile.
Il genere Hibiscus appartiene alla famiglia delle Malvaceae e comprende al suo interno tra le duecento e le trecento specie di piante, distribuite per la maggior parte tra l’Africa e l’Asia, con una ventina di specie originarie del continente indiano, sei a distribuzione europea e qualche specie neozelandese ed australiana. Anche nella flora italiana sono presenti tre specie di ibisco, che non possono di certo competere in bellezza e maestosità con i loro cugini esotici, ma che andrebbero comunque valorizzati in maniera maggiore nei giardini nostrani.
Le tre specie di ibisco italiano:
l’Hibiscus roseus, un’erbacea perenne che cresce lungo i corsi d’acqua della Pianura Padana, con fiori di un bel rosa tenue;
l’Hibiscus trionum, dai petali bianco avorio verso l’esterno con un occhio scuro verso l’interno. È originario dei paesi mediorientali, da dove poi si è diffuso un po’ ovunque nel bacino del mediterraneo, ed è una pianta a crescita stagionale;
l’Hibiscus pentacarpus, originario inizialmente delle paludi pontine. Ormai quasi estinto, è diventato praticamente un El Dorado per i cercatori di piante che si affannano in tutti modi per trovare e fotografare un fiore così raro. Per chi fosse interessato pare che alcuni esemplari crescano ancora tra i piccoli stagni protetti nel fitto dei boschi planiziali del Parco del Circeo, a sud di Roma.
l’Hibiscus trionum, dai petali bianco avorio verso l’esterno con un occhio scuro verso l’interno. È originario dei paesi mediorientali, da dove poi si è diffuso un po’ ovunque nel bacino del mediterraneo, ed è una pianta a crescita stagionale;
l’Hibiscus pentacarpus, originario inizialmente delle paludi pontine. Ormai quasi estinto, è diventato praticamente un El Dorado per i cercatori di piante che si affannano in tutti modi per trovare e fotografare un fiore così raro. Per chi fosse interessato pare che alcuni esemplari crescano ancora tra i piccoli stagni protetti nel fitto dei boschi planiziali del Parco del Circeo, a sud di Roma.
Queste specie di ibisco erano già ben note al poeta Virgilio che, nella sua opera le Bucoliche, ne menzionava uno senza però specificare quale: probabilmente l’Hibiscus roseus in quanto suo conterraneo.
I primi esemplari importati in Europa erano originari della Cina: fu questo il motivo per cui l’ibisco venne chiamato per molti anni “rosa cinese”. I coltivatori di piante europei furono fin dall’inizio letteralmente abbagliati dalla bellezza di questi fiori, ed è proprio in questi anni che si coniò infatti il modo di dire per descrivere un donna molto bella: “più bella di una rosa cinese”, riferendosi ovviamente al nostro ibisco.
Altri usi dell’ibisco
In Italia le piante di ibisco sono utilizzate principalmente per scopi decorativi in giardini e terrazzi; non tutti sanno però che il karkadè, bevanda sostitutiva del tè e del caffè, viene prodotta dai fiori di un ibisco. La specie in questione è l’Hibiscus sabdariffa, da cui si prelevano i calici fiorali di colore rosso, che vengono successivamente fatti essiccare, per produrre poi l’infuso dal caratteristico gusto acidulo. Un’altra specie di ibisco utilizzata in tutta la cucina asiatica è l’Hibiscus esculentus. I suoi frutti freschi, molto simili ai peperoni “friggitelli” tipici della cucina campana, sono raccolti e consumati freschi o stufati per la preparazione di zuppe. Infine l’Hibiscus cannabinus, grazie all’alto contenuto di cellulosa nei suoi fusti, viene utilizzato dall’industria cartaria.
L’Hibiscus syriacus, invece, fu chiamato così da Linneo, che però sbagliò il suo appellativo visto che non è affatto una pianta originaria della Siria, ma proveniente dall’India e dalla Cina. È un ibisco caducifoglie di grande bellezza, molto versatile, che può essere cresciuto a cespuglio o a piccolo albero visto che raggiunge anche i quattro metri di altezza. È particolarmente apprezzato in quanto può essere coltivato senza problemi in tutta Italia, grazie alla sua capacità di resistere a temperature anche inferiore allo zero. È cresciuto anche nella verde Inghilterra (adattandosi quindi anche a climi decisamente più rigidi dei nostri) dove viene chiamato letteralmente “albero della Malva” per la somiglianza dei suoi fiori con questa erbacea.
Si adatta praticamente ad ogni condizione del terreno, tollerando anche brevi periodi di siccità. Se vorrete mantenere ridotte le dimensioni delle vostre piante ricordate che le potature si effettuano, come per l’Hibiscus rosa-sinensi, a fine inverno. Le talee potranno essere prelevate prima della ripresa vegetativa in primavera. Le posizioni da prediligere sono quelle in pieno sole, possibilmente riparate dai venti.
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