La sua singolare forma a stella l’ha reso uno dei frutti più amati, soprattutto per rallegrare le ricette dolci e, ancora, come varietà fresca per le festività. La carambola, un gustoso alimento originario dell’Asia, è oggi diffusa in tutto il mondo ed è sempre più presente nei menu, anche dell’alta cucina. Ma come coltivarla autonomamente, qualora si disponga di un ampio giardino? Prima di cominciare è bene ricordare come la carambola, sebbene dimostri una buona adattabilità a diverse condizioni climatiche, rimanga una varietà esotica. Di conseguenza, prima di ipotizzarne la coltivazione, è bene chiedere consiglio al proprio fornitore di prodotti di botanica di fiducia, per vagliarne la compatibilità con le temperature tipiche del proprio luogo di residenza.
L’Averrhoa carambola è una pianta appartenente alla famiglia delle Oxalidaceae, di origine probabilmente asiatica, poiché molto coltivata in Sri Lanka e nelle Molucche. Dall’aspetto di un vistoso arbusto ramificato, questa pianta si caratterizza per una buona adattabilità climatica, considerato come alcune coltivazioni avvengano anche a 1.200 metri d’altitudine. Dalle foglie di intenso verde, ovali e dalla consistenza lucida e compatta, l’arbusto produce dei singolarissimi frutti. Questi- dalla forma ovale e allungata, nonché lunghezza compresa tra i 5 e i 12 centimetri – presentano infatti quattro o più creste verticali: una caratteristica che, una volta tagliati, permette di ottenere splendide forme a stella. Proprio per questo motivo, la carambola è anche chiamata “frutto delle stelle”: il nome carambola è infatti presente solo nelle lingue di origine latina, dal portoghese al francese, mentre in Gran Bretagna il frutto è identificato come “starfruit” e in Germania come “sternfrucht”. L’alimento vede una buccia sottile e lucida, gialla o verde intenso a seconda dello stadio di maturazione, a cui si aggiunge un polpa dal bianco al giallo, croccante, gradevole al palato e dal sapore acidulo. Al centro della polpa, infine, è racchiuso un nucleo di piccolissimi semi. Poiché varietà esotica, la carambola predilige un clima caldo e un’esposizione diretta al sole, sebbene possa adattarsi abbastanza facilmente ad altre condizioni climatiche. Come già anticipato, può essere coltivata fino a 1.200 metri d’altezza, purché non vi siano sbalzi di temperatura troppo intensi, né un’esposizione forzata al gelo. In merito al terreno favorito, la carambola preferisce una composizione limosa e abbastanza umida, seppur possa comunque adattarsi anche a terricci più morbidi, purché frequentemente irrigati. Utile sarà anche una corretta fertilizzazione, con il ricorso a concimi organici. Proprio perché amante di un terreno e di un clima mediamente unico, la pianta richiede delle frequenti annaffiature, anche nei periodi più freddi dell’anno. In estate, quando le temperature salgono sensibilmente, l’apporto di acqua dovrà essere del tutto quotidiano, prediligendo le prime ore del mattino o il tramonto per l’operazione, affinché l’eccessivo calore non porti a una rapida evaporazione dell’acqua.
La carambola è una pianta che può essere efficacemente coltivata sia in vaso che in orto, anche se spesso viene scelta unicamente come varietà ornamentale. In vaso, infatti, si riducono le possibilità l’arbusto possa svilupparsi sufficientemente affinché risulti prolifico di frutti. In giardino, soprattutto in caso non vi fossero problemi di spazio, si potrà ambire invece a uno sviluppo più soddisfacente.
In ogni caso, la predisposizione del contenitore è molto importante. Sul fondo andrà adagiato un letto di ghiaia e cocci, ma anche di palline d’argilla espansa, per favorire il deflusso dell’acqua: per quanto la carambola gradisca i terreni umidi, questi non dovranno risultare eccessivamente bagnati. Si riempie quindi il tutto con del terreno possibilmente limoso, nonché arricchito di fertilizzanti organici, quali il compost.
La moltiplicazione della pianta avviene principalmente per seme, ma non sono rare altre pratiche come la talea. La semina si svolge alla fine della primavera, con temperature superiori ai venti gradi, adagiando i semi in un terriccio limoso e ricco di sostanze nutritive, a circa un paio di centimetri di profondità. Servirà pazienza, tuttavia, prima di poter trasferire le piantine in dimora definitiva: per raggiungere i 20-30 centimetri d’altezza, infatti, sono necessari molti mesi, tanto che il trapianto avviene generalmente l’anno successivo all’apparizione dei germogli. La talea si realizza nella stessa stagione, ma si tratta di una pratica a cui raramente si ricorre, poiché i rametti recuperati per l’operazione faticano a ramificare. Sia in dimora provvisoria che definitiva, infine, le piante dovranno essere frequentemente annaffiate, inoltre sarà necessario provvedere a una concimazione organica almeno quattro volte l’anno, al cambio con le stagioni.
Tra le opere di manutenzione ciclica, oltre alla già citata fertilizzazione, la potatura quando l’arbusto diventa troppo vistoso, l’eliminazione di erbacce e altre piante infestanti, nonché il controllo di insetti e parassiti.
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