L’aneto è
una pianta erbacea, diffusa nelle zone di clima temperato, conosciuta
e consumata fin dall’antichità: se ne trova, infatti, menzione sia
nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, in particolare in un passo del
vangelo di Matteo, dove è citato assieme a menta e
cumino.
Appartenente
alla famiglia delle Apiaceae,
come il sedano, la carota o il finocchio, con quest’ultimo
condivide, in parte, l’aroma: l’aneto ha infatti un sentore di
anice e finocchio e un che di pungente. Come le altre piante
della stessa famiglia, si presenta con un gambo cavo, lungo, di un
color verde-biancastro; le foglie sono filiformi, sottilissime,
simili a piccoli aghi piatti, raggruppate come a formare una rete;
mentre i fiori sono gialli tendente al verde, piccoli piccoli,
raccolti in grandi ombrelli con 12-15 raggi. In
cucina e
in farmacologia si
utilizzano i semi,
di forma ovale, marroni, di piccole dimensioni – che appena colti
possono avere, come suggerisce l’epiteto
graveolens che
completa il binomio scientifico che contraddistingue la pianta, un
odore sgradevole – e
le foglie,
preferibilmente fresche poiché, una volta essiccate, perdono
velocemente profumo e sapore.
L’aneto
ha svariate proprietà benefiche: agevola la digestione favorendo
l’eliminazione di gas da intestino e stomaco; allieva, con
un’azione antispasmodica, i dolori dovuti a crampi, coliche e
singhiozzo; aiuta lo smaltimento di tossine e liquidi in eccesso,
depurando l’organismo e combattendo la cellulite. Inoltre è un
ottimo alleato contro l’alitosi. Nelle cucine dell’Europa
centrale e orientale, l’aneto è molto più utilizzato rispetto
all’Italia. Lo si usa per insaporire i sottaceti; condire pesci,
molluschi e zuppe; o arricchire pane e prodotti da forno.
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